Clan Zagaria, la polizia: incontro a Capodichino per l’affare Capaldo-Cantile

I Capaldo chiedevano e Adolfo Greco scattava, all’istante. “Perché non erano munnezza, i figli di Beatrice Zagaria (sorella del boss Michele), erano serie A”. Non pesci piccoli, quindi, ma mafiosi di primo livello. Ad inaugurare la relazione tra i fratelli Nicola e Filippo (nella prima e nella seconda foto) e l’imprenditore di Castellammare di Stabia è stata la vicenda Parmalat: Greco avrebbe aiutato i nipoti di Michele Zagaria, contattando personalmente tre funzionari dell’azienda di Collecchio, a (ri)ottenere le concessioni per distribuire il latte Berna nella provincia di Caserta. Se dovesse essere provato, si tratta di favore grosso, un’operazione che ha garantito alla famiglia di Casapesenna di guadagnare decine di migliaia di euro.

L’affare Cantile

Ma Greco non si sarebbe limitato a questo: secondo gli investigatori, avrebbe tutelato i Capaldo anche in un’ipotizzata compravendita di ‘oro bianco’ con i Cantile.

Un’azienda agricola, per gli inquirenti collegata agli Zagaria, aveva fornito un ingente quantitativo di latte di bufala, per circa 200mila euro, al caseificio situato a Sparanise. Ma nel 2014 i titolari della società vennero coinvolti in un’indagine, condotta dai carabinieri di Caserta, sfociata in 13 ordinanze di custodia cautelare: agli inquisiti la procura contestava (a vario titolo) i reati di associazione a delinquere, rivelazione di segreto d’ufficio continuato, vendita di sostanze alimentari non genuine e di prodotti industriali con segni mendaci, commercio di sostanze alimentari nocive, falso ideologico, rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, lesione dolose, violazione di sigilli e smaltimento illecito di rifiuti. L’inchiesta, ad inizio marzo, ha determinato la condanna in primo grado per 12 imputati (con pene che oscillano da uno a 7 anni e 10 mesi).

La paura dei Capaldo

I Capaldo, così, temevano che la grana giudiziaria abbattutasi su Guido Cantile e i figli Pasquale e Luigiantonio, originari di San Cipriano, avrebbe impedito loro di incassare i soldi del latte precedentemente fornito. Ed infatti l’azienda, su ordine della procura di S. Maria Capua Vetere, venne sequestrata. Tutto bloccato.

Per la famiglia di Zagaria era un problema: con l’Euromilk confiscata e la coop Santa Maria in rampa di lancio per sostituirla, la cassa rischiava di restare all’asciutto. Quei crediti andavano recuperati. E così chiesero a Greco di intervenire.

A sinistra e a destra i fratelli Nicola e Filippo Capaldo, al centro la madre, Beatrice Zagara

L’intervento dello stabiese

La prima mossa dello stabiese, ha ricostruito la polizia, è stata quella di contattare un suo amico: si tratta di Carmine Morretta (estraneo all’inchiesta ed innocente fino a prova contraria). E’ un imprenditore di Battipaglia, operante nel settore della produzione di mozzarella di Bufala. A lui Greco propone di comprare la partita di latte che era stata venduta ai Cantile per poi girare il denaro ai Capaldo. Ma a complicare l’operazione c’era l’esigenza di non lasciare traccia, perché la società con sede a Sparanise era finita sotto sequestro e né i nipoti di Zagaria né chi formalmente avevano usato per smerciare l’oro bianco dovevano comparire.

E qui arriva il secondo step che compie Greco. Stando alla ricostruzione della polizia, riesce a prendere contatti con Alfredo Gaetani, il liquidatore nominato dal tribunale del caseificio Cantile: personaggio conosciuto nel mondo del latte, con un passato da amministratore delegato di Eurolat, azienda emiliana che venne coinvolta (nel decennio scorso) in un’indagine della Dda incentrata sull’imposizione dei marchi Cirio e Parmalat da parte dei clan camorristici in alcune province campane.

L’incontro a Capodichino

Il businessman di Castellammare di Stabia concorda un appuntamento con Gaetani: e non scelgono di vedersi in un bar o in un comune ristorante. Preferiscono incontrarsi all’aeroporto di Capodichino. Ma a monitorare i loro spostamenti c’erano i poliziotti. Gli agenti scattano foto e ascoltano ciò che dicono dopo la breve riunione.

Il risultato dell’approccio a Gaetani (innocente fino a prova contraria), Greco lo riporta a Giuseppe Imperati, businessman di Agerola (estraneo all’inchiesta ed innocente fino a prova contraria): l’idea dell’ingegnere era non limitarsi a vendere il latte congelato, ma l’intera società. “Lui mi ha proposto… Mi ha detto: signor Greco, si può fare una bella situazione con questo Cantile […]. Ha detto che tiene una perizia di tre milioni, quant’è, non mi ricordo. Se uno fa una proposta, siccome il pubblico ministero non la vuole far fallire, io metterei questa proposta”. Insomma, una strategia alternativa alla semplice cessione del latte: e con i ricavati della vendita avrebbero soddisfatto pure la richiesta dei Capaldo.

La trattativa

Greco aveva pensato che proprio Imperati potesse procedere all’acquisto dell’azienda in liquidazione. Dopo un tira e molla, però, dall’agerolese arriva il no all’operazione così come l’aveva ideata Gaetani. Ma l’amico di Greco, nel luglio del 2015, si sarebbe reso comunque reso disponibile all’acquisto del latte in giacenze nelle celle della struttura sequestrata. E a seguito di una trattativa veloce avrebbero trovato l’accordo per comprarlo a 75 centesimi al litro.

L’indagine su Greco

L’episodio, ricostruito dalla polizia di Castellammare di Stabia e dalla Mobile di Napoli, è stato inserito nell’inchiesta che ha portato, lo scorso gennaio, all’arresto di Greco, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, e dei fratelli Nicola e Filippo Capaldo, indagati per trasferimento fraudolento di beni aggravata dalla finalità mafiosa.

Le accuse

Lo stabiese avrebbe aiutato i nipoti di Michele Zagaria nel rientrare nell’affare distribuzione-latte, facendo revocare, grazie all’aiuto di tre dirigenti Parmalat, le concessioni alla Euromilk, azienda confiscata propria ai Capaldo, per girarle ad una nuova società, la Santa Maria, intestata a dei prestanome dei parenti del capoclan di Casapesenna. Greco da diverse settimane è ai domiciliari. I fratelli Capaldo sono ancora in carcere. Sono difesi dagli avvocati Vincenzo Maiello, Giuseppe Stellato e Ferdinando Letizia.

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