Un napoletano che si prende qualche giorno di vacanza per andare in una metropoli europea al ritorno deve mettere in conto una saudade – se non un vero e proprio shock – per il ritorno al trasporto pubblico locale. Comunque la si metta, passare dalla tube londinese o metrò parigina alla Circumflegrea è sempre dura da digerire. Quello che però mi ha sempre colpito è l’approccio alla grande infrastruttura, all’opera che deve essere sempre gloriosa: a Londra e Parigi ci sono fermate della metro composte da biglietteria e tornelli e nulla più. L’obiettivo è coprire la maggior parte del territorio cittadino e offrire il servizio migliore possibile, del resto. Di contraltare, ripenso invece alle magnificenze della metropolitana di Napoli, la sedicente “più bella del mondo”, e le sue stazioni dell’arte (perché quelle normali non potevamo farle: dovevano essere artistiche). Metro che, ad oggi, non collega ancora l’aeroporto alla città. I lavori sono stati assegnati nel 1976, la prima tratta aperta nel ’93. E avremmo anche le stazioni più belle del mondo, ma lo stato dell’arte sul servizio è ben noto. Ecco, quando immagino la differenza tra Italia e resto del Mondo la vedo esattamente così: gli altri si preoccupano di fare, ma noi siamo i massimi esperti nel dipingere di magnificenza e mettere orpelli sulle nostre deficienze. Ogni opera diventa impresa, a cui contribuisce chiunque può ad ogni titolo. Siamo bravissimi ad apporci spillette per i contributi alle cause – non a caso quella del vaccino sta andando fortissimo – fino a scadere nella retorica. Ma la forma non è sostanza e succede quindi che, grazie ad Aurora Leone dei Jackal, scopriamo (anzi, ricordiamo) che in Italia per sostenere la ricerca c’è uno show che si chiama Partita del Cuore e che per organizzarlo – ossia per vedere non professionisti giocare allo sport nazionalpopolare per eccellenza e sorprenderci che lo possano fare – c’è addirittura un direttore generale della Nazionale Cantanti, tale Pecchini (laureato in Gurisprudenza e formatosi a Coverciano). La Nazionale Cantanti ha tutto un organigramma che include anche figure come il food & beverage specialist e il supporto di un’agenzia eventi. Nulla di male, se per giustificarsi dell’ingiustificabile nel rassegnare le sue dimissioni Pecchini (che dimostra insuperabili doti di comunicazione, sarcasticamente notiamo) scrive una cosa raccapricciante: “Ogni 100mila euro in meno raccolti sono 15 diagnosi in meno e 15 morti in più”. Incommentabile. Anzi, no. Proviamo a commentarlo. Una banda di artisti si costituisce Associazione, al punto tale da essere assegnataria anche di un contributo nel 2019 di oltre 50mila euro dal Ministero della Pari Opportunità per un bando riguardante la violenza sulle donne (sì, avete letto bene) e coinvolge altri artisti che presumiamo abbiano una certa tranquillità economica per organizzare una partita tra dilettanti che serve a convincere ogni italiano a donare tramite smartphone 2 euro per supportare la ricerca sul cancro (presupponendo che la cena da cui sia stata cacciata la Leone e tutte le altre attività siano autotassate dall’Associazione, chiaramente, altrimenti sono per supportare la ricerca e promuovere la realizzazione dell’evento). Quando però si cade in un caso di sessismo becero e – a meno di incredibili rivelazioni – ingiustificabile, il dimissionario Pecchini scarica (a chi, poi?) la responsabilità di 15 decessi a quelli che non permetteranno di arrivare ai 100mila euro per le 15 diagnosi (che sono quindi Aurora Leone e quelli con lo smartphone dei 2 euro). E mentre quelli con la spilletta della Nazionale si defilano quando le jeux sont fait, ci tocca ricordare che l’Italia è tra i Paesi europei che meno spende in ricerca e che è “fanalino di coda fra i Paesi OCSE anche per numero di ricercatori occupati” (fonte: Corriere della Sera). E che i bei gesti possono essere un surplus, ma non certo sopperire alle carenze strutturali ancora evidenti nonostante l’impegno e la competenza messa in campo dal mondo della ricerca scientifica. Insomma, magari gli altri Paesi non avranno i cantanti impegnati nel sociale o le metropolitane dalle stazioni bellissime. Ma almeno arrivano in treno al lavoro e nessuno si sognerebbe di scaricare la responsabilità di 15 morti su chi non dona alla causa.