MILANO – “Dopo un primo breve stordimento, le mafie si sono subito adattate a cogliere le grandi opportunità” date dalla pandemia. A dirlo, in un’intervista al Corriere della Sera, è il generale Alessandro Barbera, comandante dello Scico, reparto di punta del contrasto alla mafia della guardia di finanza. Tra le principali attività delle cosche, spiega, c’è “l’usura, che alle fasce deboli può apparire l’unica ancora di salvezza. Ma anche le transazioni: tra marzo e novembre 2020, in piena emergenza sanitaria, sono stati conclusi 14 mila atti di compravendita di quote societarie. Un così elevato turnover di cariche sociali, nonostante la pandemia, mostra il pericolo di infiltrazione della criminalità. C’è chi ha visto il volto rassicurante di un socio occulto che porta denaro per salvare l’azienda in crisi di liquidità, ma potrebbe trasformarsi in chi ne acquisirà le quote”.
Non solo: “I tentativi di drenare le misure di sostegno sono stati immediati. Cosche della ’ndrangheta, insediatesi in Piemonte e Lombardia, lucravano fondi di sostegno per aziende e cittadini in difficoltà, con attestazioni fittizie. A Napoli la cosca Vianello-Grassi ha cavalcato l’espansione del settore delle sanificazioni. E noi l’abbiamo sentito in diretta chi gioiva. Il dominus di un sodalizio criminale con ramificazioni all’estero in una telefonata, intercettata, evidenziava richieste avanzate dalle sue 50 società di comodo per chiedere i sostegni post-Covid e rideva, convinto che non li avremmo scoperti ‘nemmeno fra 20 anni’. È stato sfortunato”.
(LaPresse)