NAPOLI – La ripresa a pieno ritmo delle attività ospedaliere “ordinarie”, dopo che è passata (si spera definitivamente) la fase critica della pandemia, sta mettendo in evidenza le carenze della sanità campana. Ci sono strutture, come il San Giovanni Bosco di Napoli, che riaprono senza reparti essenziali e altri, come i Covid hospital di Maddaloni e di Santa Maria Capua Vetere nel Casertano, dove semplicemente non c’è una data per il ritorno alla normalità. L’argomento del giorno è la riapertura del San Giovanni Bosco, per la quale, secondo quanto si legge nella nota firmata dal direttore del Dipartimento attività ospedaliere dell’Asl Michele Ferrara, dal direttore sanitario Maria Corvino e dal manager Ciro Verdoliva non sarà attivato il pronto soccorso. Ma non è tutto: come spiega Antonio Eliseo del sindacato infermieristico Nursind, nell’atto di riattivazione si legge che ci sarà la Terapia intensiva post operatoria con 4 posti a uso interno e “questo vuol dire che si sta riaprendo un ospedale senza Rianimazione”. E l’avvocato del Nursind Carlo Spirito aggiunge che “questo è assurdo: stiamo funzionando senza un ospedale della rete di emergenza”. A questo punto, aggiunge Eliseo, il progetto della Regione è chiaro: “Mettere insieme l’Ospedale del Mare, San Giovanni Bosco e San Paolo.
Lasciando il Pellegrini come unico ospedale del centro storico di Napoli. L’apertura del pronto soccorso della Sun in piazza Miraglia è uno specchietto perle allodole”. A questo punto, il sindacalista si chiede “come verranno gestiti i fondi del Piano rilancio e resilienza?” Nel Casertano, aggiunge ancora Eliseo, resta da capire quale sarà la nuova organizzazione della rete ospedaliera, “considerato che il Melorio di Santa Maria Capua Vetere ha chiuso i battenti per il Covid, così come Maddaloni. Ci sono due priorità che a parere del Nursind restano fondamentali: la Medicina del territorio, che si è rivelata un vero fallimento, e gli organici”.
La “coperta” del personale resta corta, come osserva Antonio De Falco, segretario regionale del sindacato dei medici ospedalieri Cimo: le riprese di attività a passo ridotto e le mancate riaperture “mettono in luce la mancanza di personale: un Dea di primo livello per definizione deve avere un pronto soccorso e servizi che lo rendono tale. L’emergenza Covid ha messo in evidenza un enorme deficit di programmazione e le carenze della sanità. E per curare il Covid si è smesso di curare le altre patologie. Ma anche in epoca pre pandemia abbiamo sempre sostenuto che le possibilità sono solo due: o il personale è scarso, o è mal distribuito. Puoi avere tutti i posti letto in Rianimazione che vuoi, ma se non hai gli anestesisti non servono. Ci sono competenze che non si possono inventare dalla sera alla mattina”. De Falco ricorda la vicenda dell’Ospedale del mare, “aperto prendendo a prestito medici da altri ospedali e non con forze fresche, o almeno non nella quantità che era giusto avere. Scontiamo la mancanza di un assessorato regionale alla Sanità”.
A questi problemi si supplisce con i sacrifici dei medici, ma questa situazione “non fa scattare nessun campanello d’allarme”. Sulla questione del personale, lo stesso De Falco è fra i firmatari di un ricorso straordinario al presidente della Repubblica per far annullare la “Metodologia di determinazione del fabbisogno di personale” approvata dalla giunta regionale. Anzitutto, il piano è basato sugli ospedali organizzati sul criterio dell’intensità di cure (in base al quale i pazienti vengono ricoverati nei vari reparti non in base alla patologia, ma al bisogno di assistenza), ma queste strutture in Campania semplicemente non esistono. La giunta ha calcolato il fabbisogno di medici facendo riferimento a un orario medio annuale di 1500 ore, ma questo criterio non tiene conto delle diverse condizioni di lavoro. Bisogna invece basarsi sull’attività svolta per poter garantire personale aggiuntivo, a seconda delle caratteristiche dell’ospedale. I sindacati non sono stati consultati nel calcolo del fabbisogno e la Regione li ha informati solo a cose fatte. Il disciplinare tecnico sul quale è basato il calcolo del fabbisogno di personale è illegittimo perché appunto presuppone l’esistenza in Campania di ospedali organizzati secondo l’intensità di cure: al momento, i pazienti vengono raggruppati a seconda delle patologie delle quali soffrono, per cui il calcolo è fondato su criteri inadatti alla situazione campana. Sull’orario di lavoro effettivo dei medici, secondo uno studio del Cimo, le ore lavorate non arrivano a 1500: per un medico che non abbia diritto al riposo biologico, sono 1428 o 1462 a seconda che lavori su 5 o su 6 giorni settimanali: per un radiologo sono 1353 o 1388; per un anestesista 1387 o 1422. Dati che peraltro rispecchiano quelli indicati dalla Conferenza delle Regioni.