ALGERI – “Amico della rivoluzione algerina, difensore tenace e convinto della libertà e valori democratici, impegnato a favore dell’indipendenza del popolo algerino e del compimento della sua sovranità”. La targa in onore di Enrico Mattei, svelata per l’occasione dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, ad Algeri, dà la dimensione di quanto il fondatore dell’Eni abbia lasciato il segno nel Paese, non solo in termini di sostegno ai cittadini in cerca di libertà, ma anche per quel tessuto occupazionale e di formazione che seppe creare nei territori, sempre in nome dello sviluppo. L’Algeria è una fonte di energia inestimabile, rappresenta infatti per l’Italia, il secondo fornitore di gas e in un periodo di innalzamento dei prezzi, di guerre tra chi vuole conquistare il dominio in questo campo, il paese che affaccia sul Mediterraneo può diventare, come ai tempi di Mattei, ancora una fonte inesauribile e preziosa anche nel sostenibile. L’inquilino del Colle ne tesse le lodi, “fu una delle personalità italiane più importanti del dopoguerra e uno dei costruttori della Repubblica Italiana”, ne pronuncia il nome anche durante l’incontro con la comunità italiana, sottolineando “quanto importante sia l’opera dei cittadini italiani in terra straniera”.
Il punto più alto di questa celebrazione, l’intitolazione del giardino nel quartiere residenziale di Hydra, a pochi passi dall’ambasciata, alla presenza di Mattarella, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e dell’ad di Eni, Claudio De Scalzi. “La lezione di Mattei è ancora attuale perché ci porta a collaborare e integrarsi, a costruire un rapporto, a lavorare per gli altri, a condividere i benefici in modo corretto e giusto proprio in linea con quello che stiamo vivendo ora con la Just transition: una svolta, insomma, ma dando una ricaduta positiva a tutti del cambiamento”, commenta Descalzi facendo riferimento alle parole del capo dello Stato. In Algeria, ad Enrico Mattei è largamente riconosciuto un importante ruolo di sostegno, amicizia e vicinanza durante gli anni della guerra di liberazione nazionale (1954-1962). Mattei, infatti, ha storicamente sostenuto sia il Fronte di Liberazione Nazionale sia il Governo Provvisorio della Repubblica Algerina (GPRA), al quale ha Fornito un apporto significativo all’interno dei negoziati degli Accordi di Evian. Il suo nome evoca anche il numero elevato di studenti algerini, futuri quadri e dirigenti dell’industria petrolifera ed energetica, formati su sua iniziativa nelle scuole dell’ENI a San Donato Milanese.
E non è un caso che il viaggio del Capo dello Stato, l’ultimo dei suo settennato, si svolga proprio nella grande nazione africana.
Rafforzare le collaborazioni culturali e bilaterali, partendo anche da una nuova visione del paese sul fronte energetico. Lo spiega bene lo stesso Descalzi che rimarca: “L’Italia ha una grande fortuna, perché costruita da Mattei, di avere una diversificazione energetica. Non dipendiamo solo dal gas di Norvegia e Russia, ma abbiamo un grandissimo fornitore e alleato che ci assicura miliardi di metri cubi di gas, assicurando la fornitura energetica”. E non solo: “Il rapporto storico” con l’Algeria, dice Descalzi, “ci porta ad essere vicini, con progetti di energia tradizionali, dove stiamo creando grandi efficienze per la riduzione delle emissioni, progetti per energie pulite, come il fotovoltaico, accordi per l’ idrogeno verde e la ricerca scientifica. Lavorare bene insieme è alla base del successo di quello stiamo realizzando anche con Sonatrach”.
Una collaborazione che insomma intensificata per trovare nuove formule di rifornimento, con un chiaro appello all’Europa affinché faccia lo stesso. “Vediamo i prezzi del gas e dell’energia; non possiamo essere legati, anche se ha un fornitore molto affidabile come Norvegia e Russia, dobbiamo diversificare perché ogni Paese deve proteggere e curare la propria sicurezza energetica. I prezzi sono alti perché la domanda è alta, l’offerta e bassa”, avverte l’ad di Eni.”Avvicinarsi ai Paesi del Sud Mediterraneo è una necessità per la sicurezza e lo sviluppo energetico”, rimarca. Perché dove c’è sviluppo c’è anche la pace.
Dalla nostra inviata Donatella Di Nitto