Le agenzie di stampa ci informano che in Svizzera è stato legalizzato un sarcofago tecnologico per coloro i quali intendono togliersi la vita. L’ideatore di questa speciale capsula (siamo già al secondo prototipo) denominata “Sarco”, è il dottor Philip Nitschke, già soprannominato “Dr. Death”, vale a dire dottor morte. Il bizzarro ricercatore è il direttore dell’organizzazione no-profit Exit International che si occupa dei problemi legati al fine vita. Ci viene spiegato che Sarco è stato progettato per essere trainato in un luogo predefinito, ovvero un ambito ritenuto idilliaco per il trapasso.
E’ anche biodegradabile e può staccarsi fungendo da bara. Ora, non è dato sapere di quali e quanti altri optional sia dotato questo meccanismo. Quel che è certo è che anche in questo caso estremo, la tecnologia ci viene, per così dire, “in soccorso” dirimendo le questioni morali che si innescano, copiose e polemiche, intorno all’eutanasia. In soldoni: il sarcofago del dottor morte consente di attuare, in completa autosufficienza, i propositi di quanti intendono porre fine alla propria esistenza senza incomodare il prossimo. Un modello “fai da te”, per dirla tutta, che solleva dal vedersi costretti a coinvolgere gli altri nella responsabilità del gesto estremo. Tuttavia l’uso di tale “attrezzatura”, per quanto utile a rendere autosufficiente il suicidio (ancorché consapevole e consenziente), non sposta di un solo millimetro la questione sul tavolo della discussione etica, giuridica e umanitaria.
Per quanto, infatti, la società dei consumi estremi e del relativismo etico (che ne consegue) si sforzi, in taluni frangenti, di lanciare messaggi banalizzanti e tranquillizzanti su questioni che riguardano la vita umana, quello messo a punto in Svizzera non è un utensile, né una comodità tecnologica. Se l’uomo, nella sua superbia, crede di aver risolto l’interrogativo di creare la vita e poi di porvi anche fine con l’ausilio della scienza e della sua ancella, la tecnologia, si sbaglia di grosso. Egli confonde, infatti, la crescente potenzialità del mezzo di cui dispone con la liceità e la moralità del proprio operato. Non serve invocare la fede per gridare lo sconcerto e la contrarietà innanzi a queste forme estreme di autodeterminazione: bastano la morale laica e l’etica pubblica che risiede nelle leggi. La morale laica non può sbarazzarsi del problema legato al sorgere ed al tramontare della vita come se si trattasse di un normale problema sociale a cui dare risposte appropriate. Se creiamo la vita senza canoni etici e senza limiti di rispetto, sia per la natura che per la civiltà, ovvero le regole biologiche maturate nel corso dei millenni ed il contratto sociale che disciplina la civile e tollerante convivenza, un espediente tecnico come “Sarco” resterà un mero valore artificiale e come tale privo dell’imprinting naturale e dei limiti fisiologici ad esso normalmente connessi. Se ci mettiamo in testa di distruggere la vita pensando che basti rivendicarne il diritto di farlo, per non soffrire o per assecondare l’opinione corrente del momento, distruggeremo tutto il portato civile, culturale e morale che nei secoli è stato offerto, come radice comune, alle generazioni che si sono succedute. Insomma: senza limiti e vincoli giuridici e morali, cultura e civiltà, buon senso ed accettazione generale delle pratiche legate alla vita, sarà la società a disgregarsi nel suo insieme. Parliamoci chiaro: chi può nascere in provetta per gusto e per calcolo di interesse personale del richiedente, chi può annichilire se stesso, ben difficilmente nel corso della propria esistenza accetterà di piegarsi ad una ragione e ad una visione comune del mondo e dell’umanità. Uomini senza passato, che credono di aver a disposizione il proprio futuro, stabilendo quanto lungo debba essere il filo della loro esistenza tessuto dalle mitologiche Moire, non saranno animali sociali né vorranno dipendere dalla comunità nella quale vivono né, ancora, progredire sotto l’imperio delle leggi, insieme ad essa.
Se tutti vivranno piegati su loro stessi non come individui liberi ma come soggetti senza umanità e senza obblighi, quello che ci aspetta è l’annichilimento per superbia e per megalomania egocentrica della razza umana. Tutta la civiltà, sparendo, lascerà l’uomo al proprio destino, all’illusione di essere egli stesso un dio creatore e distruttore della vita.
Altre macchine, nei prossimi anni, allungheranno la nostra esistenza, cureranno malattie e sofferenze, aumentando sempre più il narcisismo ed il relativismo delle persone. La fine dell’umanità nel complesso dei suoi valori, delle sue leggi e della sua conoscenza coniugata con la sapienza del cuore e la grandezza dell’anima (sentimenti per gli atei), coinciderà anche con la fine dell’uomo. Coloro che entrano in quella macchina per togliersi la vita non spezzano solo la loro ma tolgono anche un mattone alla storia ed alla prospettiva dell’umanità.