ROMA – Orrore per le strade di Bucha, a nord di Kiev dove decine di cadaveri di civili ucraini riversi a terra sono stati immortalati dal fotoreporter spagnolo Santi Palacios: alcuni sono incappucciati, altri con le mani legate dietro la schiena. In diverse foto si intravede il foro di un proiettile. Scene di un massacro che hanno fatto immediatamente il giro del mondo e sdegnato la comunità internazionale. Il premier inglese Boris Johnson le ha definite “nauseanti”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha parlato di “vergogna mondiale”. E mentre l’Ue ha assicurato, attraverso le parole di Ursula von der Leyen, che quelle “immagini strazianti non possono e non rimarranno senza risposta”, alcune persone – soprattutto sui social – si sono dette convinte che si tratti di una messa in scena organizzata dal regime di Kiev. La stessa Russia ha negato ogni coinvolgimento, parlando di “provocazione” e di foto e video ‘costruiti a tavolino da Kiev a beneficio dei media occidentali’.
“Che le fake news, al pari della propaganda, vengano utilizzate nei contesti di guerra come strumenti per pilotare l’opinione pubblica e le decisioni non è una novità. E’ sempre avvenuto”, commenta Massimo Cacciari, dicendo la sua sul fenomeno della manipolazione della comunicazione. L’ex politico e sindaco di Venezia fa parte infatti della commissione ‘Dubbio e Precauzione’, movimento composto da filosofi, scienziati e giuristi, di cui è membro anche Carlo Freccero al centro di una polemica in queste ore perché accusato di aver definito ‘materiale propagandistico’ alcune immagini riferite al conflitto in Ucraina, come quelle del bombardamento dell’ospedale pediatrico a Mariupol.
“Quando ci si trova di fronte ad alcune immagini chi le guarda non può sapere se sono vere, attendibili o palesemente false e costruite a scopo propagandistico”, prosegue il filosofo. “Dalle manipolazioni non c’è modo di difendersi. L’unica possibilità è studiare, comprendere le ragioni alla base delle varie dinamiche, e poi affidarsi al proprio ragionamento politico”, aggiunge Cacciari sottolineando che comunque “ci sono alcune verità assodate” come “il fatto che qui ci sia un soggetto aggressore e uno aggredito”.
“Per la prima volta dall’inizio di questa guerra balorda le fake news vengono usate come armi, al pari di quelle vere”, sottolinea Francesco Pira, professore di sociologia all’Università di Messina e presidente dell’Osservatorio Nazionale di Confassociazioni sulle Fake News. “Questa guerra è inquinata da situazioni di informazione e controinformazione ed è imbottita di fake news. Tuttavia – aggiunge – penso che sia poco probabile che le immagini di Bucha siano una ‘fiction'”.
“In generale non è facile capire, a distanza e ad una prima occhiata, se un’immagine sia vera oppure frutto di uno staging, una messa in scena. Di sicuro, però queste, sono più che plausibili, trattandosi di un contesto di guerra”, commenta la psicologa e criminologa Flaminia Bolzan.
“L’uso della comunicazione strategica, fake news comprese, è una prassi comune nei conflitti, da sempre”, spiega l’esperta di comunicazione strategica Sabrina Magris, presidentessa dell’École Universitaire Internationale, istituto italiano di alta formazione per la negoziazione di ostaggi, psyops (guerra psicologica), antiterrorismo e intelligence. Così se prima si parlava di disinformazione “adesso si deve parlare di narrazione forzata dove si fa leva sull’emotività dell’opinione pubblica. Emotività che poi viene ‘sfruttata’ nei confronti dei decisori politici che si trovano a doverne tener conto nelle loro scelte”, spiega Magris non negando comunque la veridicità delle immagini di Bucha.
di Giusi Brega