L’Eliseo come la Bastiglia

La campagna elettorale in Francia ha decretato, col primo turno elettorale, che a sfidarsi per la carica di presidente della Repubblica, saranno il moderato liberale Emmanuel Macron e la pulzella della destra transalpina Marine Le Pen che si fa strada nei consensi elettorali sfondando al centro, con argomentazioni che rinnegano l’estremismo di un tempo. Da anti europeista convinta, sodale dei leader della destra Austriaca Jörg Haider e di quella ungherese Viktor Orbán, oltre che di Matteo Salvini (prima della svolta governativa del leader delle Lega), ora la Le Pen ritratta e si dichiara favorevole alla Ue sia pure con il dichiarato intento di cambiare le regole del gioco dall’interno. Altra marcia indietro la si registra sul versante dell’Alleanza Atlantica (la Nato) nella quale, secondo la Len Pen, Parigi dovrebbe restare solo alla condizione di uscire dal comando strategico delle forze militari euro statunitensi. Uno stratagemma, quest’ultimo, che annuncia, di fatto, il ritorno al 2009 quando la Francia non era dentro il comando interforze della Nato, avendo le mani libere sulla  gestione del proprio apparato militare ed atomico. Un ritorno alla “Force de Frappe” tanto cara al generale De Gaulle ed al principio della grandeur francese. Sul piano internazionale questi intenti renderebbero vani  i tentativi europei di costituire un esercito comune da anteporre alle mire espansionistiche di Mosca azzerando l’idea di una risposta unica del Vecchio Continente. Una minaccia, quella russa, che affonda nella convinzione di una decadenza della forza di reazione di un’Europa ormai erosa dal capitalismo e dal relativismo etico che connoterebbe tutte le società democratiche, liberali ed opulente. Insomma la vittoria della Destra spariglierebbe le carte di quanti si sforzano di dare del nostro continente un minimo di autorevolezza e di forza oltre che sul piano commerciale anche su quello politico e militare. Non meno perniciosa la politica interna della Destra di Le Pen, con i continui richiami al populismo che si traduce in una generica richiesta di assistenzialismo statale sul piano sociale e di sicurezza nazionale. La prospettiva è più che chiara ed è quella di accaparrarsi  i voti del partito La France Insoumise (non subordinata) capeggiata da Jean-Luc Mélenchon  piazzatosi terzo nella corsa al primo turno delle elezioni presidenziali, con il 22 percento dei consensi, appena un punto sotto la Le Pen. Insomma se i francesi abboccheranno alle sirene della destra potremmo avere all’Eliseo un premier di quella compagine. Sarebbe un evento storico nella patria della Gauche, ove alla fine del secolo scorso il partito comunista e poi i socialisti la facevano da padroni. Simone de Beauvoir, Claude Lévi-Strauss, Michel Foucault, Andre Gide, sostenevano il PCF insieme ad altri meno noti  fino farne il partito degli “intellò” ovvero degli intellettuali organici al partito Comunista. Quella eredità di marxisti intransigenti era, in verità, già stata scossa dalle abiure dei “nuovi filosofi“ come Raimond Aroon,  André Glucksmann, J.P. Sartre, quest’ultimo padre dell’ esistenzialismo con Albert Camus. Non a caso la Francia era ritenuta la patria degli intellettuali marxisti, contestatari e critici finanche verso quel socialismo reale che regnava nella parte del mondo satellite dei soviet russi. Insomma Parigi era un crogiolo di idee, un punto di riferimento per tutta la sinistra europea per autonomia di pensiero. Idee dalle quali, tra l’altro, prese vita la rivolta studentesca del maggio francese, quel famoso 1968 che fece scrivere ad una mano anonima sulle mura dell’Università della Sorbona “L’immaginazione al potere”, estremo anelito e progetto esistenziale di una nuova generazione che poi avrebbe ribaltato nel politico e nel sociale i valori, i costumi e la morale stessa della società uscita dalla seconda guerra mondiale. Nulla è eterno e l’illusione marxista rivoluzionaria si è sopita da tempo anche in Francia, ma che all’Eliseo possa sedere la figlia di Jean Marie Le Pen, fascista convinto, e’ molto difficile da immaginare. Macron invece è l’erede di  una tradizione centrista e moderata, che ha avuto in Charles De Gaulle, Georges Pompidou, Jaques Chirac, Valéry Giscard d’Estaing, Nicolas Sarkozy i punti di riferimento. Macron ha interpretato il desiderio di cambiamento della Francia, dato un’immagine di novità sul proscenio nazionale, libero da vincoli ideologici e tradizioni politiche, ma ben saldo nei principi del liberalismo politico che si e’ saputo saldare con la potente e ben organizzata macchina della burocrazia francese, con i suoi grand commis de l’état, che interpretano la continuità dello Stato forte ed autorevole. Infine, la tradizione politica dei socialisti francesi che con Francois  Mitterrand e François Hollande, seppure uscita malconcia dalle ultime elezioni, potrebbe far girare verso Macron l’ago della Bilancia. Insomma la partita è incerta eppure i toni non sono quelli da presa della Bastiglia, che tutto sommato non era molto distante dall’Eliseo. Tuttavia l’esito della partita avra’ influenza anche oltre il confine francese, come la storia, dal secolo dei lumi ad oggi, ci ha insegnato.
*già parlamentare
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