Soia nel piatto, ‘mangiamo’ foreste

In 50 anni perso il 68% della fauna selvatica per il nostro regime alimentare

NAPOLI – Siamo complici inconsapevoli dell’abbattimento di alberi. Commissionata dal Wwf, la nuova ricerca intitolata “Mapping the European Soy Supply Chain” (Mappatura della catena di approvvigionamento della soia europea) evidenzia come il 90% della soia che viene consumata da noi cittadini europei non sia l’ingrediente di una ricetta, bensì un consumo indiretto dovuto alla sua presenza nei mangimi necessari per ottenere tutti i derivati delle proteine animali. La soia, infatti, è un legume ricco di proteine e rappresenta quindi un mangime concentrato ideale. I cittadini europei senza saperlo stanno contribuendo alla distruzione delle foreste di tutto il mondo.

UNA DIETA ‘taglia ALBERI’

ll crescente consumo di carne, pesce, uova e latticini a livello mondiale ha determinato un incremento della produzione di soia, quintuplicata negli ultimi 40 anni. In particolare in Sud America le coltivazioni di soia penetrano sempre più nelle foreste e nelle savane ricche di biodiversità, che vengono trasformate in terreni coltivabili. Questo causa la perdita di specie, un notevole impatto sul cambiamento climatico e la perdita di fonte di sostentamento delle popolazioni indigene. Inoltre la soia, coltivata prevalentemente in monocolture, richiede un impiego elevato di pesticidi, che inquinano il suolo e le falde acquifere. Ogni italiano consuma ogni anno in media 219 uova, 52 litri di latte, 7 kg di yogurt, 22 kg di formaggio, 2 kg di burro, 79 kg di carne, di cui circa 37 kg di maiale, 20 kg di bovino e 21 kg avicola (prioritariamente pollo), e almeno 2,5 kg di pesce da acquacoltura. Ogni cittadino europeo consuma in media 60,6 chilogrammi di soia l’anno, di cui oltre il 90% è nascosto in carne, pesce e derivati animali. Negli ultimi 50 anni, abbiamo perso il 68% della fauna selvatica a livello globale e il sistema alimentare mondiale ne è la principale causa

DEFORESTAZIONE

Il raccolto mondiale di soia ha raggiunto un volume di 340 milioni di tonnellate nella stagione 2019-2020. Ciò corrisponde a una superficie totale di 123 milioni di ettari. Il 75% di tutta questa soia è destinato alla produzione di mangimi. Oltre l’80% di tutta la soia prodotta a livello globale proviene da Stati Uniti, Brasile e Argentina, che sono anche i maggiori Paesi esportatori. La produzione di soia in Sud America è quasi triplicata negli ultimi decenni e si prevede raddoppierà ulteriormente entro il 2050. Ma il Sud America possiede 3 dei biomi più importanti per la biodiversità e il clima del pianeta: l’Amazzonia, il Pantanal e il Cerrado. Quest’ultima regione ospita 1.600 specie tra mammiferi, uccelli e rettili.

MANGIMI

L’enorme volume di farina di soia è destinata a diverse tipologie di mangimi. In alcuni casi, come per il pollo e il salmone, la quantità di soia utilizzata come mangime è quasi pari a quella del cibo finale prodotto: sono infatti necessari 95 grammi di soia per produrre 100 grammi di salmone d’allevamento e 96 grammi di soia per 100 grammi di petto di pollo. La carne di maiale viene subito dopo, con 41,5 grammi soia per 100 grammi di carne di maiale. Anche le quote di soia incorporate nei prodotti lattiero-caseari come il formaggio e il latte in polvere sono alte. E’ necessario prendere consapevolezza del peso dei nostri consumi non solo sulle foreste ma anche sulle praterie e le savane, distrutte a tassi persino più elevati delle stesse foreste, per fare spazio all’agricoltura, con conseguenti impatti catastrofici non solo sulla fauna selvatica, ma anche sul clima e perfino sulla salute umana.

UNA LEGGE EUROPEA

Si sta attualmente discutendo una nuova legge per ridurre l’impronta dei consumi europei sulla deforestazione. Presentata lo scorso novembre, la proposta di legge della Commissione europea ha diversi punti di forza. Limita, però, il proprio ambito di applicazione alla protezione delle sole foreste, rimandando di almeno due anni la potenziale inclusione di altri ecosistemi. Di conseguenza, viene di fatto ignorata l’attuale espansione delle attività produttive agricole su savane e praterie, con il rischio di trasferire su questi ecosistemi tutta la pressione causata dalla produzione di soia una volta che verranno proibiti altri fronti espansivi.

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