Bimbi vaccinati, ritardo Campania

D’Avino (Fimp): “Un errore non coinvolgere noi pediatri, lo dimostrano i fatti”

Foto Cecilia Fabiano / LaPresse Continua la campagna di vaccinazione Nella Foto: il centro vaccini

NAPOLI (Gianmaria Roberti) – Sulle vaccinazioni anti Covid di settantenni e ottantenni la Campania è sopra la media nazionale, ma è in ritardo per quelle di ragazzi e bambini. Basta scorrere il report della Presidenza del consiglio dei ministri, con gli ultimi dati disponibili alle 6.16 di ieri. Tra gli over 80, è del 75.12 la percentuale regionale di seconda dose o unica dose, a fronte del 67.79 in Italia; la dose addizionale o booster, in Campania, è al 64.93%, mentre il dato nazionale è del 60.59%. Nella fascia 70-79 anni, con seconda dose o unica dose è vaccinato il 90.31% della platea campana, quando la media nazionale si ferma all’85.71%; nella regione, sono all’81.17% le somministrazioni, contro l’80.14% del dato generale. Se per gli anziani le cifre confortano, le cose, vanno diversamente tra i giovanissimi. Nella fascia 12-19 anni, la percentuale in Campania è dell’80.69 per seconda dose/unica dose, rispetto all’83.83% nazionale; la dose addizionale/booster vede una percentuale regionale del 42.10, inferiore al 46.24 di media nazionale. Per i bambini campani tra i 5 e gli 11 anni, invece, le vaccinazioni – con unica o seconda dose – sono al 31.48%. In Italia, la media è del 35.07%. Per questa fascia, non è prevista alcuna dose addizionale. Ma il ritardo della Campania merita una riflessione, in vista del prossimo anno scolastico. “C’è più di una motivazione – afferma Antonio D’Avino (nella foto), presidente nazionale della Federazione medici pediatri (Fimp) -, una è che non sono stati coinvolti i pediatri di libera scelta nelle attività vaccinali. Molte di queste vaccinazioni sono state fatte negli hub, strutture in cui non c’è il rapporto di fiducia col singolo paziente. Dove invece hanno vaccinato i pediatri di famiglia nei loro studi, comunque le coperture vaccinali nella fascia 5-11 anni sono state più che discrete”. Ci sono delle esperienze a testimoniarlo. “Laddove i pediatri di famiglia sono entrati direttamente nell’attività vaccinale – ricorda il medico-, le coperture sono state importanti. Ad esempio, in Penisola sorrentina e ad Ischia”. Il presidente Fimp rileva che “come in tutte le cose, e nelle attività vaccinali ancora di più, il rapporto fiduciario che c’è tra il pediatra di famiglia e lo stesso nucleo familiare è fondamentale per portare le evidenze scientifiche, per discutere. Perché oggettivamente, su questa vaccinazione c’è stata qualche resistenza”. Ma D’Avino non si fascia la testa: “La media nazionale, comunque, è sul 35%, ci sono regioni come la Puglia che sono al 50%, noi campani però non siamo tanto distanti dalla media”. Per l’immediato futuro, però, i pediatri di famiglia invitano a considerare meglio il loro ruolo. “Fin dall’inizio dell’emergenza pandemica – spiega D’Avino-, abbiamo voluto fortemente ascoltare le indicazioni del ministero della Salute e dell’Istituto superiore della Sanità. Per cui tutto quello che è evidenza scientifica è il nostro credo, perché stiamo parlando di cose che vengono corroborate da dati scientifici nazionali e sovranazionali. Secondo me, occorrerebbe metterci al tavolino con i funzionari regionali, e concordare delle strategie, che non riguardino solo la vaccinazione contro il Covid, ma per esempio anche le coperture vaccinali contro il Papilloma Virus per l’adolescente”. E intanto, pensando al ritorno in classe, l’appello è a non abbandonare le precauzioni. “Penso sia necessario – raccomanda il presidente Fimp – mantenere tutta l’attenzione per i dispositivi di protezione, quindi le mascherine. Tutto quello che abbiamo sempre detto sull’aerazione degli ambienti scolastici, il frequente lavaggio delle mani. Purtroppo comprendo che le famiglie si sono stancate, però si è molto abbassata la guardia. E questa cosa ovviamente non depone bene”. Anche “perché, se guardiamo i dati dell’influenza nell’emisfero australe, che precede sempre rispetto ai dati del nostro emisfero boreale, ci sono stati molti più casi di influenza che negli anni precedenti. Quindi comunque noi ci aspettiamo, nel periodo autunnale-invernale, un numero importante di casi”.

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