ROMA – Negli ultimi tre mesi dell’anno l’occupazione continua a crescere: rispetto al primo trimestre 2022, ci sono 175 mila lavoratori in più. Sono aumentati sia i dipendenti a termine, salendo dell’1,6%, cioè di 48 mila unità che quelli a tempo indeterminato, dello 0,8% (+245 mila). Sull’anno, sono 677mila le unità in più (il 3% in più). Anche in questo caso, non si tratta solo di lavoro a tempo determinato, perché anche i dipendenti a tempo indeterminato sono saliti a quota 396 mila, segnando un 2,7% in più sull’anno. Aumento che, però, è certamente meno marcato di quello dei lavoratori a termine, con un +8,3% (pari a +245 mila unità). È la fotografia scattata questa mattina dall’Istat, che in una nota fa il punto sul mercato del lavoro in Italia, dove, aggiunge prosegue su base anche il forte calo del numero di disoccupati, che ammontano a 382 mila in meno in un anno (il -16%) e di inattivi tra i 15 e i 64 anni, 588 mila in meno (cioè il -4,4%). La dinamica si riflette nella crescita del tasso di occupazione (+2,3% rispetto al secondo trimestre 2021) che si associa alla diminuzione dei tassi di disoccupazione e di inattività (-1,6% e -1,3%, rispettivamente).
“Ancora buone notizie per la nostra economia”, ha commentato il ministro della Pa, Renato Brunetta, secondo cui ci sono buone speranze per i prossimi mesi, legate ad una serie di fattori, tra cui chiaramente la ripresa dell’occupazione: “la crescita del valore aggiunto dell’industria e dei servizi, la ripresa dell’occupazione sia in termini di ore lavorate che di unità di lavoro, crescita congiunturale del Pil che non vedevamo da decenni, tensioni sul mercato dell’energia che sembrano affievolirsi portando il prezzo del gas sotto la soglia psicologica di 200 euro/megawattora e fluttuare attorno a 185 euro/megawattora e, ancor più importante, uno scenario geopolitico che vede un cambio di fase della guerra in Ucraina. Tutto questo fa ben sperare per i prossimi mesi”, ha affermato infatti. Fino al secondo trimestre, dunque, tutto bene. L’incertezza “riguarda gli ultimi due trimestri e il 2023” e la variabile decisiva sarà ancora “l’andamento del conflitto, che ad oggi sembra a un punto di svolta”, ha sottolineato il ministro. Intanto però bando al disfattismo: è “inutile – ha chiosato – dirci già in recessione, anche perché non è vero”.
Intanto, dal fronte sindacale, arriva una proposta per la compagine governativa che uscirà dalle urne del 25 settembre: sgravi fiscali, decontribuzione e detassazione per chi assume a tempo indeterminato, facendo invece pagare di più il costo lavoro a termine e determinato, secondo il principio che “meno dura il rapporto di lavoro più deve costare. E quel di più possiamo distribuirlo in parte per alzare le retribuzioni, in parte anche ad un grande fondo per sostenere la previdenza e il sistema pensionistico per donne e giovani”. Ad avanzarla, è il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, illustrando l'”Agenda sociale” del sindacato per il prossimo esecutivo, una road map di 12 punti che fa del lavoro uno dei nodi principali su cui costruire un dialogo con le forze politiche “senza ideologie”, ha precisato il leader del sindacato di via Po’. Una proposta, quella di Sbarra, che però non convince Confcommercio: “Sui contratti a termine, bisogna intendersi. Non serve renderli più costosi. Perché il punto di fondo è che vi sono esigenze strutturali di buona flessibilità governata e contrattata. E rispondere positivamente a queste esigenze va anche a tutto vantaggio dell’accrescimento del tasso di occupazione e del contrasto del lavoro irregolare”, ha evidenziato in una nota Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio con incarico al lavoro e welfare.
di Martina Regis