NAPOLI (Giuseppe Stanga)– Siamo ormai pronti a festeggiare il Natale, già questa sera porteremo in tavola i piatti tipici delle feste. La nostra tradizione culinaria prevede una serie di piatti: accanto all’insalata di rinforzo, ai broccoli stufati e agli spaghetti con i frutti di mare ci sono una serie di pietanze che vengono proposte in tavola facendo gola ai commensali rigorosamente fritte. Il baccalà, al naturale o in pastella, i calamari, le anguille e i capitoni e poi anche i dolci, come struffoli e frittelline. Tutti questi piatti golosi richiedono molto olio che, una volta usato per la cottura dei cibi, poi deve essere smaltito in maniera corretta, per non creare danni importanti al nostro pianeta.
I danni al pianeta
Secondo uno studio condotto da Legambiente ogni anno in Italia vengono immessi al consumo 1,4 milioni di tonnellate di olio vegetale per un consumo medio pro capite di circa 25 chili. Di questa quantità si stima un residuo non utilizzato pari al 20%, che corrisponde a più di 280mila tonnellate di olio vegetale esausto, presente in gran parte sotto forma di residuo di fritture. Circa 65mila tonnellate riguardano la ristorazione (ristoranti, bar, alberghi), 45mila tonnellate dalle attività commerciali e industriali (friggitorie, rosticcerie e ristoranti) e le restanti 170mila tonnellate da consumi domestici nelle abitazioni. Una quantità enorme. L’olio esausto non è biodegradabile, quindi bisogna fare attenzione a come smaltirlo e farlo quindi in maniera corretta. Se disperso in acqua forma un “velo” dello spessore dai 3 ai 5 centimetri che impedisce ai raggi solari di penetrare causando ingenti danni all’ambiente. Inoltre, se anche un solo un chilogrammo raggiunge le falde, l’acqua diventa non potabile causando il malfunzionamento dei depuratori. Danneggia infine anche il terreno, perché penetrando in profondità lo impoverisce dei microorganismi necessari per la vita delle piante.
LONTANO DAL LAVELLO
L’errore più comune è versare l’olio nello scarico del lavello della cucina dopo averlo usato. Niente di più sbagliato. Gettato nel lavandino finisce negli scarichi fognari delle città alterando la corretta depurazione delle acque, e compromettendo l’efficienza dei depuratori con conseguente aumento dei costi di gestione e di manutenzione degli impianti. Una volta usato va messo in un recipiente e lasciato raffreddare. Quando il contenitore sarà colmo va portato nelle apposite isole ecologiche di cui quasi tutte le città sono ormai dotate, o nei contenitori che si trovano in giro per la città. Anche molti distributori di benzina e supermercati si occupano del ritiro gratuito dell’olio esausto.
RICICLO
L’olio esausto può essere riutilizzato in vari modi. Tramite appositi processi di trattamento e riciclo è possibile ricavare svariati prodotti come lubrificanti vegetali per macchine agricole, biodiesel e glicerina per saponificazione, o anche per i prodotti per l’edilizia, tramite un processo chimico chiamato “rigenerazione”. Con 100 chili di olio esausto si possono ricavare circa 65 chili di olio lubrificante rigenerato (circa il 25% del mercato complessivo degli oli base lubrificanti è costituito da basi rigenerate) e poi 20/25 grammi di biodiesel.
RENOILS
Gestire in maniera corretta gli oli e grassi vegetali e animali esausti rappresenta un’opportunità per l’ambiente e un valore economico. RenOils è un Consorzio senza scopo di lucro che si occupa della corretta gestione degli oli e grassi vegetali e animali alimentari esausti. L’olio raccolto per essere riutilizzato deve subire tutta una serie di trattamenti: la purezza dell’olio recuperato è caratteristica essenziale che ne determina la possibilità di riutilizzo in diversi ambiti. Dal punto di vista dei gas a effetto serra, si stima che ogni tonnellata di rifiuto riutilizzato comporti una media 2,3 tonnellate di anidride carbonica equivalente non immessa nell’atmosfera, già depurata dalle immissioni inerenti ai trasporti e alla lavorazione. Di conseguenza RenOils, con circa 40mila tonnellate di oli avviati al riciclo, riesce a realizzare un risparmio di oltre 95mila tonnellate di gas serra non immessi in atmosfera.
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