Estorsioni, usura e corruzione: chieste 4 condanne

La Dda: 8 anni e 8 mesi al boss Francesco Ferrara, 10 anni ad Antonio Sarracino, 9 anni e 6 mesi a Emilio Chianese

VILLARICCA – Estorsioni, usura, corruzione e una gara d’appalto truccata: sono i temi dell’inchiesta – coordinata dai magistrati Simona Rossi e Graziella Arlomede della Direzione distrettuale antimafia di Napoli – culminata, ieri, nella richiesta di quattro condanne. Invocati 8 anni e 8 mesi per Francesco Ferrara, alias Francolone, e 9mila euro di multa; 10 anni e 14mila euro di multa per Antonio Sarracino, (cognato del boss Domenico Mimì Ferrara); 9 anni e 6 mesi per Emilio Chianese, con 12mila euro di multa (proposta condanna anche per le accuse che il Riesame, ai fini cautelari, aveva annullato); due anni, con l’esclusione dell’aggravante mafiosa, per Gianfranco Caldarelli. Per i quattro imputati qui il processo è stato rinviato al 20 gennaio per la discussione. Vincenza Barbarisi, Antonio Ferdinando Zivolo e Andrea Improta hanno scelto l’ordinario e per loro il pm farà requisitoria il 14 novembre. Per tutti il gip è Luca Rossetti , che si pronuncerà dopo le discussioni dell’abbreviato del 20 gennaio, sia sul rinvio a giudizio dei tre che hanno scelto l’ordinario, che per la sentenza dell’abbreviato. Nel collegio difensivo gli avvocati Nicola Filippelli, Mario Griffo, Michele Liguori, Gustavo Pansini, Marco Sepe, Ferdinando Letizia, Alfonso Oliva, Angela Boccia e Fabio Della Corte. A Sarracino e a Chianese la Dda contesta l’estorsione ai danni dei titolari e fratelli di una ditta edile: li avrebbero minacciati costringendoli a versare 12mila euro. Se non lo avessero fatto, i due avrebbero prospettato alle vittime di dover fare i conti “con i compagni a Villaricca” e per gli inquirenti il riferimento era al clan Ferrara-Cacciapuoti. La società taglieggiata era impegnata ad eseguire lavori di messa in sicurezza e bonifica di un capannone a Carinaro. Altro episodio di pizzo viene contestato singolarmente a Sarracino sempre nei confronti degli stessi imprenditori finalizzato ad ottenere 30mila euro da destinare ancora ai ‘compagni di Villaricca’.
La Dda contesta il reato di estorsione di nuovo a Sarracino e Chianese, ma con l’aggiunta di Barbarisi, per aver ottenuto sempre dai due fratelli 7.500 euro: cifra che, una volta sborsata, gli avrebbe consentito di poter continuare tranquillamente i lavori di smaltimento di 12 automezzi del Cub delle province di Napoli e Caserta situati ad Aversa su un terreno che era nella disponibilità di Chianese. I tre rispondono pure di usura: Sarracino e Chianese avrebbero indicato alle persone offese di rivolgersi a tale Francesco Maglione (non è tra gli indagati) per farsi dare una somma, da poi restituita a tassi altissimi. Per smaltire altri 79 automezzi del Cub, i fratelli avrebbero dovuto versare pure 61.500, condotta che ha portato la Dda a contestare ancora il reato di pizzo e usura a Sarracino, Chianese, Barbarisi e a Francesco Ferrara. Sarracino risponde inoltre di violenza privata con l’aggravante mafiosa: costrinse, sostiene la Procura, gli imprenditori a consegnare ai funzionari del Cub i documenti attestanti l’avvenuto smaltimento. Se non l’avessero fatto, aveva minacciato che uno di loro sarebbe stato ucciso. L’attività investigativa ha svelato anche un presunto episodio di corruzione con protagonista Chianese.
Gli imputati sono da considerare tutti innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
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