Omicidio Vassallo, la cicca con il dna del colonnello Cagnazzo sulla scena del crimine e il mistero della fonte sulla falsa pista del brasiliano

Cagnazzo ai pm di Salerno: "Non ricordo da chi l’appresi. Non ero lucido in quello che era lo svolgimento delle mie attività quotidiane”

Fabio Cagnazzo e Angelo Vassallo

Non sfuggì al confronto con i pm di Salerno. Lo scorso 15 gennaio, il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo (nel tondo a sinistra), indagato per concorso nell’omicidio di Angelo Vassallo (nel tondo a destra), fu convocato per un interrogatorio. E, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Ilaria Criscuolo, accettò di sottoporsi alla batteria di domande degli inquirenti. Un confronto che iniziò alle 11 e 24, per concludersi alle 20 e 05, condotto dal procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli, dall’aggiunto Marco Colamonici e dai sostituti Elena Guarino e Mafalda D’Aria Cioncada.

Cosa centrerebbe Cagnazzo con l’assassinio del sindaco di Pollica, freddato a colpi di pistola il 5 settembre 2010 ad Acciaroli? Secondo la tesi della Dda, l’ufficiale dell’Arma, originario di Aversa (nel periodo del delitto era in servizio presso il Gruppo carabinieri di Castello di Cisterna) assiduo frequentatore di Acciaroli, avrebbe dato rassicurazioni a chi dispose ed eseguì il delitto sul successivo depistaggio delle indagini in modo da garantire la loro impunità. Un agguato che sarebbe servito, dice l’accusa, per impedire a Vassallo di denunciare il traffico di droga all’ombra del clan Cesarano che aveva scoperto e in cui era coinvolto, dice l’accusa, proprio Cagnazzo.

Una tesi complessa, che lo scorso 7 novembre ha spinto l’ufficio gip del Tribunale di Salerno a disporre l’arresto cautelare per il colonnello, per Lazzaro Cioffi, ex brigadiere dei carabinieri di Maddaloni, per Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia, e per l’imprenditore Giuseppe Cipriano, detto Peppe Odeon. Ad assisterli, gli avvocati

Giovanni Annunziata, Giuseppe Stellato, Francesco Liguori e Sergio Mazzone. L’ufficiale, lo scorso gennaio, esordì nell’interrogatorio, dopo aver confermato in linee generali quanto già riferito in quelli del 2011 e del 2016, dicendo di non aver mai avuto rapporti conflittuali con Vassallo. “Anzi – evidenziò – mi aveva espresso solidarietà quando era stato coinvolto nella vicenda originata dalla relazione di servizio del dottor Pisani (Vittorio, attuale capo della Polizia di Stato, ndr)”. In quella relazione a Cagnazzo veniva contestato un presunto favoreggiamento alla camorra.

L’ufficiale normanno, proseguendo il confronto con i magistrati, chiarì però che era amico di tale Francesco Cucco, “comproprietario del ristorante Boccaccio, che era un avversario politico del sindaco”. Ma, sintetizzando, “in buona sostanza i miei rapporti con Vassallo – garantì – erano buoni”.

A Cagnazzo fu chiesto dai pm come giunse a conoscenza dell’assassinio di Vassallo. “Fui informato telefonicamente da Federico Palladino mentre mi trovavo fuori al bar ‘Arcobaleno’. […] Inizialmente pensai a un incidente stradale. Nel corso della conversazione Federico, piangendo, mi specificò che era stato ucciso. Poiché non avevo esattamente compreso il luogo, chiesi a Martina Russo di accompagnarmici. Arrivammo lì con la mia auto”.

Giunto sul posto, Cagnazzo riferì, dopo aver tentato invano di chiamare al telefono Luigi Molaro (carabiniere, estraneo all’inchiesta sul delitto), di averlo mandato a prendere da Giovanni Palladino: “Feci questo in quanto mi serviva un supporto per le attività che ritenni di dover svolgere nell’immediatezza, per fornire un contributo alle indagini. In particolare, ricordo che contribuii alla delimitazione dell’area, anche allargandone il perimetro, soprattutto perché sulla scena del crimine c’erano varie persone ed altre ne stavano arrivando”.

È a questo punto che i magistrati chiesero conto della sua imbeccata investigativa data al capitano Di Sario, incaricato dell’indagine sul delitto, riguardante i sospetti su Bruno Humberto Damiani, brasiliano che in quel periodo avrebbe condotto attività di spaccio ad Acciaroli. Secondo la Dda, il tirare in ballo nel delitto il sudamericano rientrava nell’ipotizzato piano di depistaggio.

Cagnazzo riferì di aver appreso del possibile coinvolgimento del brasiliano proprio sul luogo dell’omicidio: “Tuttavia non ricordo chi, tra le persone presenti, tra cui lo stesso Molaro, formulò l’ipotesi in questione”. A queste dichiarazioni gli inquirenti fecero notare come proprio Molaro avesse detto nel corso del suo interrogatorio di aver appreso del coinvolgimento di Damiani in attività di spaccio soltanto in data successiva all’omicidio. “Prendo atto di questo. In realtà – ribadì Cagnazzo – non ricordo esattamente chi mise in collegamento la morte del sindaco con l’attività di spaccio svolta da Damiani”.
La Procura fece notare a Cagnazzo l’anomalia del suo comportamento, non tanto nel riportare a un collega dei carabinieri una possibile pista, quanto nel non rammentare da chi avesse avuto l’indicazione. E l’ufficiale normanno giustificò questo atteggiamento collegandolo a “una situazione di particolare difficoltà” che viveva e che lo aveva portato ad avere anche dei seri contraccolpi di salute. “Non ero lucido in quello che era lo svolgimento delle mie attività quotidiane”. Anche per tale ragione, quindi, non fu in grado di riferire la fonte.

Il prosieguo dell’attività investigativa, rivelò poi che il brasiliano nulla centrava con l’assassinio di Vassallo.
Tornando all’interrogatorio del 15 gennaio, i pm chiesero a Cagnazzo anche se sulla scena del crimine si dedicò o meno alla ricerca di eventuali bossoli e per quale motivo contattò i giornalisti: “Era mia prassi abituale ricercare bossoli. Verosimilmente ho anche cerchiato il luogo dove si trovavano. Escludo, come mi viene rappresentato essere stato dichiarato da presenti, di aver prelevato qualcosa da terra e messo in un pacchetto. Non escludo di aver sollevato qualche bossolo per mostrarlo a Claudio Vassallo. Chiamai i giornalisti perché era una mia prassi”.

Nel corso dell’interrogatorio, i pm domandarono a Cagnazzo pure come si spiegasse il ritrovamento sulla scena del crimine di una cicca di sigaretta riportante il suo dna, visto che proprio lui si era adoperato per ampliare l’area in vista della salvaguardia di eventuali indizi. Su questo punto l’ufficiale non ha saputo spiegare l’accaduto: “Non posso neanche escludere che la sigaretta sia stata spostata da qualche persona che si trovava sul luogo”.

Parte dell’interrogatorio venne dedicata anche ai suoi rapporti con Lazzaro Cioffi (già condannato in Corte d’appello per traffico di stupefacenti). L’indagine sul delitto Vassallo avrebbe fatto emergere dei business dell’ex brigadiere con dei distributori di benzina. “Sapevo che ne era titolare di uno a Scafati. L’ho aiutato contattando un mio amico che gli ha consentito di prendere la concessione della pompa di benzina. Non so di altri distributori”, chiarì Cagnazzo. I pm chiesero al colonnello anche se conoscesse tale Luigi De Luca. E l’ufficiale confermò: “Mi ha cambiato qualche assegno postdatato per ragioni familiari, avendo necessità di liquidità. […] So che era vicino al clan Mazzarella, ma tale circostanza l’ho appresa nel corso del tempo”.

Nelle prossime ore Cagnazzo affronterà l’udienza al Riesame a cui si è rivolto per ottenere l’annullamento della misura cautelare. Logicamente, l’ufficiale, Ridosso, Lazzaro Cioffi e Cipriano sono tutti da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

Delitto Vassallo, il Colonnello Cagnazzo arrestato per aver depistato le indagini

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