Agli inquirenti aveva detto di essere una vittima, ma per Pietro Ligato sarebbe stato addirittura suo complice.
Parliamo di Nicola Marfella, imprenditore ortofrutticolo di Vitulazio, che si è tolto la vita a novembre, proprio come poi ha fatto il mafioso di Pignataro il 3 aprile scorso.
Ligato, a febbraio, mentre era nel carcere di Secondigliano, aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia e, nei suoi colloqui con i magistrati, aveva tirato in ballo proprio Marfella, legandolo a una vicenda estorsiva riguardante la compravendita di un capannone a Sant’Andrea del Pizzone (che era già finita sotto la lente dell’Antimafia).
Chi stava acquistando l’immobile – secondo il racconto di Ligato – avvisò il pignatarese di aver ricevuto una richiesta di pizzo dal clan Zagaria, veicolata attraverso Giovanni Diana, cognato di Salvatore Nobis Scintilla, uomo di fiducia di Michele Zagaria.
Ligato disse ai pm di essere intervenuto per chiedere a Diana di abbassare le pretese, ma ricevette un netto rifiuto. In risposta, organizzò alcuni danneggiamenti ai danni di proprietà riconducibili a soggetti vicini a Diana. Tra queste, anche un terreno di Marfella.
Sempre secondo Ligato, Marfella si sarebbe poi fatto portavoce della richiesta di un incontro tra il venditore del capannone e lo stesso Ligato.
Fu così che si trovò un accordo: a pagare la tangente sarebbe stato chi aveva messo l’immobile sul mercato. Quanto? Quarantamila euro, da dividere al 50% tra Ligato e il gruppo Zagaria.
Ma poco dopo la situazione cambiò di nuovo: la compagine Zagaria ribadì che a dover pagare doveva essere direttamente l’acquirente.
Come si concluse la faccenda? Ligato riferì agli inquirenti che il venditore del capannone, incontrato a Giugliano, gli versò 4mila euro. Il compratore, invece, gli avrebbe consegnato 20mila euro affinché risolvesse la controversia con i sodali di Zagaria.
Ligato ai magistrati disse di essere rimasto sorpreso quando seppe che Marfella lo aveva accusato. Accuse che portarono la Dda a contestargli un’estorsione ai danni di Marfella per una presunta richiesta di 1.500 euro come ricompensa per una sua intermediazione per l’acquisto di un terreno in località Lepre a Vitulazio – come aveva denunciato.
Tra lo stupore di chi lo conosceva, che ancora oggi non riesce a dare una ragione a quel gesto, decise di farla finita.
Giovanni Diana, tirato in ballo dal pignatarese, ora è in carcere: fu arrestato insieme a lui nell’ambito dell’indagine condotta dall’Antimafia per fermare il ritorno criminale del boss Antonio Mezzero.
In questa inchiesta, a Diana e Ligato viene contestata proprio l’estorsione relativa alla compravendita del capannone a Sant’Andrea del Pizzone, frazione di Francolise.
Come detto, Nicola Marfella fu trovato senza vita nella sua auto.
Due dei protagonisti della storia che abbiamo raccontato non ci sono più. Entrambi si sono tolti la vita.
Naturalmente, le dichiarazioni rilasciate da Ligato non sono verità assolute: dovranno essere attentamente vagliate, analizzate e riscontrate dagli inquirenti.
Quindi, ad oggi, Marfella – che non c’è più – va comunque considerato vittima delle azioni criminali del pignatarese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA