Bologna, il caso di Viola e il dibattito sui rischi della mobilità sostenibile in Italia

44
sicurezza ciclisti
sicurezza ciclisti

La scomparsa di Viola Mazzotti, 23 anni, investita da un camion in via dell’Arcoveggio, a Bologna, ha scosso profondamente la comunità. Questo tragico evento ha riportato alla luce una realtà inaccettabile: in Italia si può ancora perdere la vita mentre si utilizza un mezzo di trasporto sostenibile come la bicicletta. Troppo spesso, chi pedala si trova ad affrontare un contesto urbano che non tiene adeguatamente conto della loro fragilità.

Secondo le prime ricostruzioni, Viola stava percorrendo la pista ciclabile quando il camion, coinvolto nei lavori del tram, ha effettuato una svolta investendola. Questa dinamica è purtroppo ricorrente nelle città, con esiti spesso fatali. L’impatto tra un mezzo pesante e un ciclista non lascia scampo. L’altezza dei camion, gli angoli ciechi e la mancanza di una vera separazione tra la pista ciclabile e il traffico veicolare creano un rischio strutturale inevitabile.

Ci si chiede come sia possibile che in una città come Bologna, che ha investito nella mobilità sostenibile, si possa ancora morire andando al lavoro in bicicletta. La risposta è complessa. La presenza di piste ciclabili non è sufficiente se queste non sono adeguatamente protette, se il traffico pesante continua a condividerne lo spazio e se l’assetto urbano rimane concepito principalmente per i veicoli a motore. Permettere ai camion di svoltare a destra tagliando la traiettoria delle biciclette significa accettare un rischio noto e prevenibile.

In molti Paesi europei, gli incroci pericolosi sono stati riprogettati per evitare incidenti simili, implementando semafori dedicati ai ciclisti, precedenze invertite, sensori per gli angoli ciechi e limitazioni alla circolazione dei camion nelle ore di punta. Queste misure non sono futuristiche né costose, ma richiedono una precisa volontà politica: considerare la sicurezza dei ciclisti una priorità assoluta.

La tragedia di Viola evidenzia il potere delle decisioni amministrative. Ogni strada è il risultato di una scelta, ogni incrocio una gerarchia di diritti, ogni infrastruttura un messaggio su chi può circolare e a quali condizioni. Consentire a un camion di svoltare su una pista ciclabile, tollerare incroci pericolosi segnalati da residenti e ciclisti e investire meno nella protezione fisica delle piste rispetto alla fluidità del traffico automobilistico contribuisce a creare un modello urbano che espone chi è più vulnerabile.

La morte di Viola non deve essere considerata un evento sfortunato, ma la conseguenza di un sistema che non ha ancora deciso da che parte stare. È fondamentale proteggere chi è più esposto ai rischi, riconoscendo che non tutti gli utenti della strada sono uguali. Chi pedala o cammina è più fragile e ha bisogno di maggiore tutela.

Bologna ha pianto Viola. Ma altri ciclisti continueranno a pedalare nelle stesse strade, con la stessa esposizione al rischio. È qui che si misurerà la volontà di cambiare: trasformando questa tragedia in interventi strutturali. Rendere le piste ciclabili realmente sicure significa chiuderle al traffico pesante, ridisegnare le svolte, elevare le intersezioni, imporre tecnologie anti-angolo cieco ai mezzi pesanti, ridurre la velocità nei quartieri e creare una rete in cui la bicicletta sia veramente protetta.

Nel 2025 è ancora possibile morire in bici, ma non è inevitabile. È il risultato di scelte che si possono modificare. La morte di una giovane come Viola deve impedire di considerare la sicurezza stradale una questione secondaria, un costo eccessivo o un dettaglio tecnico.

Finché ciò non accadrà, si continueranno a piangere morti che si potevano evitare. L’incidente ha evidenziato la necessità di interventi urgenti per proteggere i ciclisti, sollecitando un ripensamento delle politiche di mobilità urbana e una maggiore attenzione alla sicurezza stradale. La comunità locale e le associazioni di ciclisti hanno chiesto a gran voce misure concrete per prevenire tragedie simili e garantire un ambiente più sicuro per tutti gli utenti della strada. La memoria di Viola deve diventare un motore per il cambiamento, spingendo le istituzioni a investire in infrastrutture sicure e a promuovere una cultura della mobilità sostenibile che metta al centro la tutela della vita umana. Solo così si potrà onorare veramente la sua memoria e impedire che altre persone subiscano la sua stessa sorte. L’amministrazione comunale ha promesso di valutare attentamente le proposte avanzate e di adottare misure immediate per migliorare la sicurezza delle piste ciclabili e ridurre il rischio di incidenti. Tuttavia, è necessario un impegno costante e una visione a lungo termine per trasformare Bologna in una città veramente ciclabile e sicura, dove tutti possano muoversi liberamente e senza timore. La sfida è complessa, ma non impossibile, e richiede la collaborazione di tutti: istituzioni, cittadini e associazioni. Solo insieme si potrà costruire un futuro più sicuro e sostenibile per Bologna.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome