La Federazione europea per i trasporti e l’ambiente (T&E) ha pubblicato un rapporto che evidenzia i limiti strutturali dei biocarburanti avanzati, considerando la domanda e la disponibilità nell’Unione Europea entro il 2050. Lo studio mostra che, anche nello scenario più ottimistico, i biocarburanti avanzati non potranno soddisfare completamente il fabbisogno europeo. Si è valutato che estendere l’utilizzo di questi carburanti alle auto dopo il 2035 porterebbe a una domanda da due a nove volte superiore alla produzione sostenibile prevista. T&E sottolinea che i carburanti avanzati dovrebbero essere prioritariamente destinati ai settori difficili da decarbonizzare, mentre il loro impiego nei veicoli privati aggraverebbe gli squilibri di disponibilità, dipendenza dalle importazioni e rischio di frodi. Il rapporto documenta la forte dipendenza dell’UE da Paesi terzi per i feedstock e la divergenza tra domanda teorica e risorse effettive. Secondo le proiezioni, la domanda europea di biocarburanti nel 2050 potrebbe raggiungere gli 80 Mtep, mentre la produzione sostenibile stimata si attesterebbe tra i 10 e i 30 Mtep, anche considerando un maggiore utilizzo di rifiuti e residui. Se il 20% delle nuove immatricolazioni dal 2035 fosse alimentato con biocarburanti avanzati, la domanda complessiva potrebbe superare di nove volte gli scenari realistici di disponibilità. T&E ribadisce che la priorità deve essere data ai settori dove non esistono alternative immediate. L’aviazione, secondo le proiezioni europee, richiederà nel 2050 il doppio dei biocarburanti avanzati che sarà possibile produrre internamente. Il rapporto evidenzia che la disponibilità dei feedstock sostenibili rappresenta il principale vincolo strutturale. Gli oli da cucina usati, i grassi animali e i co-prodotti dell’olio di palma sono già oggi insufficienti a coprire la domanda attuale, e lo saranno ancora meno al 2050. L’Europa importa oltre l’80% degli oli da cucina usati da Cina e Malesia. L’UE e il Regno Unito importano volumi di POME (Palm Oil Mill Effluent) circa doppi rispetto al potenziale globale. I grassi animali sono richiesti in misura crescente: le auto europee consumano 1,3 milioni di tonnellate, pari ai grassi derivanti dal macello di 200 milioni di maiali. Alimentare una singola auto con biocarburanti nell’arco di un anno richiede gli oli esausti equivalenti alla frittura di 25 kg di patatine al giorno. La dipendenza dell’UE dalle importazioni di biocarburanti è già oggi significativa: circa il 60% dei biocarburanti consumati proviene da Paesi terzi. L’estensione dell’uso dei biocarburanti avanzati alle auto farebbe salire la dipendenza dalle importazioni al 90% entro il 2050. L’Italia è tra gli Stati più esposti: oltre il 90% delle materie prime è importato, soprattutto da Indonesia e Malesia. Il rapporto evidenzia un aumento del rischio di frodi. L’UE importa dalla Malesia un volume di oli esausti tre volte superiore alla quantità realisticamente recuperabile nel Paese. Le esportazioni indonesiane di POME verso l’UE superano la produzione globale stimata, spingendo lo stesso governo indonesiano ad avviare un’indagine interna. 28 associazioni del settore dei carburanti, insieme alla lobby automobilistica tedesca VDA e a CLEPA, hanno inviato una lettera alla Commissione europea in cui chiedono di riconoscere i veicoli alimentati esclusivamente con biocarburanti come a zero emissioni dopo il 2035. ACEA (European Automobile Manufacturers Association) conferma la richiesta di un’“implementazione pragmatica” delle norme. T&E considera questa prospettiva problematica e Carlo Tritto ha affermato che “le pressioni dell’industria per espandere il ruolo dei biocarburanti nella transizione sono irresponsabili”. T&E ricorda che i biocarburanti non risolvono i problemi legati alla qualità dell’aria. Quando bruciati nei motori a combustione interna rilasciano elevate quantità di inquinanti locali tossici, con effetti gravi sulla salute pubblica. L’Italia ha ricevuto tre procedure d’infrazione per inquinamento atmosferico. Secondo Carlo Tritto, “i biocarburanti non rappresentano una soluzione per il clima e nemmeno per l’aria delle città”.





















