Fronte democratico o unione di sconfitti? Traversie e opportunità della sinistra

Carlo Calenda ha rilanciato l'idea di un fronte democratico contro l'avanzare dei populisti. A rispondergli, il reggente del Pd Martina e Bersani e Rossi di LeU. Il dibattito è questo: si ad un fronte radicale e di sinistra, no ad un fronte democratico come lo propone Calenda.

Carlo Calenda
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse in foto Carlo Calenda

ROMA (Mariano Paolozzi) Fronte democratico o fronte degli sconfitti? Fronte della sinistra o accozzaglia di sfigati? In ogni caso, il dibattito nel variegato mondo della sinistra è questo. L’idea la sta rilanciando  Calenda, ed è questa: un fronte delle forze democratica, europeiste, opposto a quello ‘populista’ dei Salvini e Di Maio. Con lista unica. Le prime risposte sono arrivate dal reggente del Pd Maurizio Martina e da Bersani e Rossi di Liberi e Uguali. E’ un discorso che c’è, ma che rischia di essere la pietra tombale per il Pd e la sinistra. A meno che non sia in totale contrapposizione con le politiche e i nomi degli ultimi anni.

Fronte europeista senza acritico

L’idea, sembra quella di creare un fronte di tutte quelle forza ‘normali’, come dicono alcuni, da contrapporsi ai vari populismi. Ma cosa vuol dire? Qualcuno addirittura ipotizzava un’alleanza Pd e Forza Italia: matrice comune, essere pro Europa. Ma è possibile contrapporre a chi mette in discussione la vita europea, rilancia la centralità dello stato nazionale, propone una forte svolta identitaria, la difesa delle burocrazie europee? Ma tant’è. Anche Romano Prodi, con parole diverse, ha indicato una strada simile. Una pezza ce l’ha messa, per ora, Maurizio Martina: “Si a fronte democratico, ma con lista Pd”, scongiurando almeno anche solo l’ipotesi di un listone unico. Con una legge elettorale, tra l’altro, che prevede le alleanze sarebbe un suicidio.

Fronte democratico radicale

Fronte democratico o accozzaglia di perdenti? E’ questa la domanda che Bersani rivolge a Calenda. Rilanciata, con parole diverse, dal governatore della Toscana Rossi. Il concetto è semplice: si ad un campo largo della sinistra, capace di rappresentare diverse anime. Ma i punti inevasi rimangono due: con quale visione del mondo e soprattutto, con quale leader? La destra un proprio linguaggio, quindi l’idea e la linea, l’ha trovato. Piaccia o no. La sinistra arranca in una polemica anacronistica tra i cascami della terza via e chi rimpiange il Pci.

Oggi, forse ci sarebbe bisogno di un nuovo grande orizzonte, una visione del mondo completamente nuova. Un fronte democratico può avere efficacia se capace di mettere in discussione la realtà. Mettere in discussione il presente e modificarne i tratti. Lotta alle diseguaglianze, difesa e rivendicazione di diritti, rimettere al centro il lavoro. Un europeismo che rilanci la necessità di un’Europa dei popoli. Fare l’unione di chi difende, volente o nolente, lo status quo sventolando la paura dell’avanzata degli altri, non ha senso. Ed è perdente. Basta guardare la parabola di Matteo Renzi. Poi capire chi è in grado di farlo. Rossi chiede volti nuovi. In campo, per ora, sembrano esserci Calenda, Zingaretti e Gentiloni. Staremo a vedere.

 

E’ finito il renzismo? Il Re Mida all’incontrario

L’unica cosa che sembra profilarsi è la scomparsa del renzismo e la sempre più marginalità di Matteo Renzi in questo dibattito. Non che l’ex premier sia scomparso. Anzi. Ma in questo momento sembra più capace di distruggere ogni cosa che tocca, un Re Mida al contrario, più che proporre strategie vincenti. Complesso interpretare il Macron d’Italia (che tra l’altro, sta avendo grosse difficoltà in Francia). Lo farebbe da perdente e poi c’è Calenda che gli occupa spazio. Rimanere in uno scacchiere, a sinistra, così sembra complesso. Un po’ tutti, chi meno e chi più, credono che l’ex sindaco di Firenze sia diventato una zavorra, non una risorsa.

 

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