ROMA – Dopo la perquisizione nell’abitazione del giornalista Salvo Palazzolo, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede vuole vederci chiaro. Perché esiste una normativa che tutela l’operato dei giornalisti e alcuni precedenti, anche internazionali, che non ammettono interpretazione. Palazzolo è stato indagato per rivelazione di notizie.
I fatti
È accaduto dopo che nel marzo scorso con un suo articolo aveva parlato della chiusura dell’indagine sul questore Mario Bo e sugli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Sono questi i nomi dei poliziotti che, secondo la procura di Caltanissetta, hanno diretto le false dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, accuse che avevano finito per depistare e dunque rallentare le indagini sulla strage di via d’Amelio.
I tre appartenenti alle forze dell’ordine sono accusati dunque di calunnia e dovranno rispondere al giudice in prima udienza il prossimo 20 settembre. Da quell’articolo è nata l’indagine su Palazzolo. I pm di Catania, infatti, hanno contestato al giornalista di aver scritto dell’avviso di conclusione delle indagini tre ore e mezza prima che i difensori degli stessi poliziotti ne ricevessero la notifica ufficiale.
Le indagini successive e i provvedimenti
Sono così partite le indagini poi culminate, come detto, nella perquisizione dell’abitazione del cronista. A seguito delle verifiche delle forze dell’ordine si è proceduto anche al sequestro di un cellulare, di un tablet e di tre hard disk.
I punti interrogativi che hanno ‘allertato’ il Ministro Bonafede
Ora la questione è diventata un’altra. Perché la perquisizione è scattata ben sei mesi dopo la pubblicazione dell’articolo? L’obiettivo sembrerebbe infatti risalire all’eventuale fonte di Palazzolo e, se così fosse, i tempi sarebbero completamente sballati, perché il provvedimento è arrivato con un inspiegabile ritardo. Una perquisizione ‘in differita’. Bisogna aggiungere che è l’ordinamento europeo a non consentire ai giudici di ordinare perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni dei giornalisti per reperire prove sulle loro fonti. Con questi due elementi, dunque, il quadro diventa complesso e si comprende il perché Bonafede abbia chiesto verifiche specifiche sul caso.