ROMA – Il tribunale del Riesame di Roma si è pronunciato e ha annullato l’accusa di omicidio per Alinno Chima, detto ‘Sisco’, e Brian Minteh. Si tratta di due arrestati nell’ambito delle indagini sulla morte della 16enne Desirée Mariottini. I giudici della Libertà i due, che restano accusati di spaccio, hanno anche derubricata la contestazione di violenza sessuale. Il giudice ha affermato che c’è stata, ma non era “di gruppo”. Una decisione che ha lasciato di stucco la procura che invece insiste con l’impostazione accusatoria. Per gli inquirenti gli indagati sarebbero stati consapevoli che il mix di droghe sarebbe stato fatale per Desirée.
Gli indagati restano in cella per stupefacenti e violenza sessuale
Le cose, dopo la pronuncia del Riesame, potrebbero cambiare anche per l’altro indagato che potrebbe vedersi derubricata la contestazione di omicidio in “morte come conseguenza di altro reato”. Per saperlo bisognerà attendere fino a domani, quando il tribunale della Libertà si pronuncerà su Mamadou Gara, lo straniero fermato a Roma. Per il quarto uomo, Yousif Salia, che fu bloccato a Foggia, l’accusa di omicidio era caduta in sede di convalida del fermo. Restano comunque tutti in cella, così come il 36enne italiano, Marco Mancini, finto in manette per spaccio. Domani per lui è previsto l’interrogatorio di convalida a Regina Coeli. Ripercorrendo l’inchiesta, la procura ha accertato che Desirée Mariottini, al momento della sua morte, frequentava lo stabile abbandonato in via dei Lucani da quasi due settimane.
Il legale di Alinno Chima: contenta per la decisione, indagini condotte in tal modo, rischiano di non rendere giustizia a quella povera ragazza
Era nella fatiscente palazzina del quartiere San Lorenzo che riusciva a procurarsi lo stupefacente. Poi la notte del 19 ottobre il decesso a causa dell’assunzione di un mix fatale di droghe. Quando fu colta da malore chiamò il 118 e la ragazza, ridotta all’incoscienza, fu violentata. Non poteva opporsi. Dopo gli abusi fu abbandonata a terra e sono andati via lasciandola morire. Sulla questione è intervenuta Pina Tenga, legale di Alinno Chima: “Sono contenta per il mio assistito nella cui innocenza, alla luce delle indagini svolte ho sempre creduto. Mi dispiace perché, indagini condotte in tal modo, rischiano di non rendere giustizia a quella povera ragazza”.