Dopo le ‘trivelle’, la Tav, i migranti e il processo a Salvini, ora c’è pure l’Afghanistan. Aumentano i punti, se non di ‘scontro’, di non piena condivisione tra leghisti e grillini. Stavolta a causare la distonia c’è il possibile ritiro delle truppe grazie al patto a cui stanno lavorando Usa e talebani.
L’accordo Usa-talebani
Alla base della potenziale intesa c’è da un lato l’impegno degli americani a lasciare l’Afghanistan e dall’altro la promessa dei talebani ad evitare che il loro territori diventi “una piattaforma per gruppi terroristici internazionali”: il riferimento va ad Al Qaeda e all’Isis.
La trattativa tra le parti va avanti. E se dovesse andare a buon fine anche l’Italia richiamerà le sue truppe. Il ministro Trenta, infatti, ha dato disposizione al Comando operativo di vertice interforze “di valutare l’avvio di una panificazione per il ritiro del contingente”. L’operazione dovrebbe durare 12 mesi. Un anno.
Lega cauta
La Lega ci va cauta. Dal Carroccio, infatti, fanno sapere che si sta facendo “quel che serve per riportare pace e stabilità”, ma “al momento nessuna decisione è stata presa”. Eppure dal M5S filtrano addirittura “commozione e felicità”. Tanto che Alessandro Di Battista porta le lancette dell’orologio avanti di un anno: “Il ritiro è una splendida notizia. Ho lottato tanto per questo obiettivo e con me ha lottato tutto il Movimento”, scrive su Facebook. Rivelando di aver parlato con il capo politico e vicepremier, Luigi Di Maio.
Se Trenta è già al lavoro per organizzare il rientro, il responsabile della Farnesina dice di non sapere nulla della vicenda “Lo apprendo adesso che lo avrebbe detto oggi. Non ne ha parlato con me”, ha chiarito Enzo Moavere Milanesi.
Trattativa ad oltranza
Se il Pentagono definisce i colloqui con i talebani ‘incoraggianti’, restano però dei nodi centrali ancora da sciogliere: gli Usa vorrebbero arrivare a un ritiro delle truppe (Trump vuole riportare a casa la metà dei 14mila soldati dispiegati) in cambio di un cessate il fuoco e dell’impegno dei talebani a negoziare direttamente con Kabul. Ma i talebani accusano il governo afghano di essere un “burattino” degli Usa e hanno fatto sapere che avvierebbero negoziati con il governo solo con in tasca la certezza di una data di ritiro, che ancora non c’è.