A Caserta ma col cuore a Kiev: “Vogliamo solo che tutto finisca”

CASERTA – Olesia hascelto di tornare a casa. Partirà il 6 luglio da Capodichino per dirigersi verso il suo paese di origine, in Ucraina, e riabbracciare il padre dei suoi due figli. Olena, invece, ha deciso di restare e di costruirsi un’altra vita in Italia col suo bambino, che ha portato con sé nei giorni successivi all’inizio del conflitto russo-ucraino. Sullo sfondo, i nuovi scenari di una guerra che ieri ha vissuto il clamoroso colpo di scena del ribaltone della brigata Wagner, che ha deciso di schierarsi contro Vladimir Putin, spostando l’asse del conflitto in terra russa. Sono ore di tensione e di speranza, di ansia e di angoscia. Sono ore in cui gli aggiornamenti con la terra natìa sono sempre più frequenti, per comprendere se davvero ci siano i margini per uscire da un terribile incubo e lasciarsi alle spalle due anni di oscurità.

L’impegno della Caritas

“Sono sensazioni contrastanti quelle che vivono le donne e i bambini che abbiamo accolto nei nostri centri. – sottolinea don Carmine Schiavone, delegato regionale della Caritas Campania – C’è la speranza che tutto possa finire presto, ma anche la rassegnazione per il tempo che è passato ben oltre misura. Gli aggiornamenti con i familiari e con chi è rimasto in patria sono costanti e gli sviluppi vengono raccontati con cadenza quotidiana”.

Stremati dalla guerra

Lo scenario attuale porta a sperare che possano esserci margini per liberare l’Ucraina dal terrore, dopo il ribaltone della brigata contro il leader russo. “Quando scoppiò la guerra, nessuno pensava che potesse durare così tanto”, ricorda don Carmine. “Abbiamo iniziato subito ad organizzarci con l’accoglienza diffusa nelle famiglie e una bella rete di persone ci ha consentito di garantire aiuti costanti durante la prima fase emergenziale, anche assicurando l’accoglienza in casa. – spiega il delegato regionale Caritas – Abbiamo lavorato sodo, anche perché non è facile gestire tutta la documentazione per i permessi sanitari ed anche per l’accesso alle scuole, una serie di fattori rispetto ai quali non abbiamo mai fatto mancare il nostro contributo costante”.

L’altruismo delle famiglie

L’accoglienza diffusa, tuttavia, ha lasciato il posto ad altre forme di collaborazione già durante la scorsa estate, dal momento che l’aiuto delle famiglie poteva rappresentare un contributo temporaneo rispetto ad una vicenda che si è ampiamente dilatata nel tempo.
“Anche per questo oggi ci troviamo dinanzi a speranza e rassegnazione. Il conflitto si è dilatato oltremodo e questo aspetto ha influito molto anche sullo stato d’animo delle famiglie ucraine e delle comunità presenti qui, che hanno compiuto anche alcune scelte di vita. C’è chi ha deciso di tornare in patria e chi invece ha scelto di continuare a vivere qui”.

Le opportunità lavorative

Nelle prime fasi della guerra, nelle 23 diocesi campane erano presenti circa 9mila rifugiati ucraini, che ora si sono ridotti a circa mille, in particolare tra Napoli, Aversa, Salerno e Acerra. “Questo accade anche perché in tanti hanno trovato un posto di lavoro come badanti o in altre attività. – evidenzia don Carmine – In questo modo hanno iniziato a costruirsi una vita autonoma e hanno potuto pagarsi un affitto per crescere i propri figli al di fuori dei centri di accoglienza. Altri invece sono partiti verso il fronte, per sentirsi più vicini a casa”.
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