PRATO – Un incidente probatorio per sentire, in modalità protetta, il minore nei confronti del quale una donna di Prato avrebbe commesso il reato di violenza sessuale. L’ha chiesto al gip il capo della procura pratese, Giuseppe Nicolosi, nell’ambito dell’inchiesta che da poco meno di un mese scuote la città toscana. La vicenda è ormai nota. Lei ha oltre 30 anni, sposata e con un figlio già in età scolare. Lui di anni adesso ne ha 15. Tra i due è sbocciata una relazione quando la donna impartiva al ragazzino lezioni private per preparalo all’esame di terza media. E da quella relazione è nato alcuni mesi fa un bambino.
Ieri mattina l’indagata è comparsa davanti al gip del tribunale di Prato, che aveva emesso la misura cautelare per il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, perché la donna avrebbe tentato nuovi approcci con la presunta vittima e sarebbero emersi potenziali contatti anche con altri ragazzi minori. L’interrogatorio di garanzia è durato oltre due ore. L’indagata, assistita dai suoi legali, gli avvocati Mattia Alfano e Massimo Nistri, ha risposto alle domande del magistrato. La donna, nei giorni scorsi, aveva già reso dichiarazioni spontanee davanti al capo della procura pratese Giuseppe Nicolosi e ai due sostituti Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli, ammettendo, come rilevato nell’ordinanza della misura cautelare, di aver avuto la relazione col ragazzo, del quale sosteneva di essere innamorata, ma assicurando che i primi rapporti sessuali erano stati consumati dopo che lui aveva compiuto 14 anni. Una versione che, hanno spiegato i difensori della donna, ha ribadito anche oggi davanti al gip “non modificandola”. I legali della donna non hanno depositato al gip una richiesta di revoca degli arresti domiciliari, scegliendo la strada del ricorso al tribunale del Riesame.
Secondo la procura, invece, la donna avrebbe avuto i primi rapporti sessuali con il ragazzino quando questo non aveva ancora compiuto 14 anni, configurandosi così l’ipotesi di reato della violenza sessuale, perché prima del compimento del 14esimo anno d’età non può intendersi dato il consenso, e avrebbe esercitato “una forte pressione su di lui perché compiesse con lei atti sessuali, approfittando dello stato di inferiorità psicologica del minore e prospettando l’intento di suicidarsi per avere incontri che lui non avrebbe più voluto avere”. Una tesi suffragata da diverse testimonianze raccolte e dai riscontri effettuati analizzando le chat dei due su wahtsapp. Nell’ordinanza per disporre gli arresti domiciliari a carico della donna, il gip ha riportato anche un lungo elenco e i contenuti dei messaggi che i due si sono scambiati per oltre un anno. Ma la prova che l’accusa vuole acquisire, ritenendola decisiva, è proprio la testimonianza della presunta vittima.
L’indagine è stata avviata l’8 marzo scorso in seguito alla denuncia presentata dai genitori del ragazzo ai quali il figlio, che era apparso strano e depresso, ha raccontato, non senza difficoltà, della relazione con la donna e di essere il padre del neonato che la sua insegnante di ripetizioni aveva partorito pochi mesi prima. Paternità poi confermata dall’esito del test del Dna sul bambino. Alla madre e al suo allenatore il giovane avrebbe detto, sfogandosi, che quella relazione gli ha rovinato la vita. La donna il 27 marzo scorso è finita agli arresti domiciliari con le accuse di atti sessuali con minore e violenza sessuale per induzione. Anche il marito è finito nell’inchiesta: è indagato per alterazione di stato, che si applica a chi modifica lo stato civile di un neonato. Secondo la procura di Prato, infatti, l’uomo avrebbe riconosciuto il bimbo alterandone lo stato civile in maniera consapevole, pur sapendo che non era suo figlio.