NAPOLI (Francesco Pari) – Un nuovo studio condotto dal Dipartimento di Geografia fisica dell’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi, e pubblicato su Nature Water, rivela che entro il 2100 circa 5,5 miliardi di persone potrebbero essere colpite dall’inquinamento delle risorse idriche superficiali. In particolare, l’Africa subsahariana rischia di diventare un hotspot globale di inquinamento delle acque superficiali entro la fine del secolo. Secondo gli autori dello studio, il cambiamento climatico e lo sviluppo socio-economico avranno un impatto significativo sulla disponibilità di acqua nelle prossime decadi. Gli inquinanti provenienti da diverse fonti, come le attività domestiche, manifatturiere, zootecniche e di irrigazione, possono influire sulla qualità dell’acqua. Tuttavia, la gestione necessaria per mitigare questi effetti non è uniforme a livello globale, e attualmente mancano proiezioni quantitative globali sulla futura qualità dell’acqua. Il ricercatore Edward Jones – primo autore dello studio – e i suoi colleghi hanno utilizzato un modello di qualità delle acque superficiali ad alta risoluzione per simulare la temperatura della risorsa idrica e gli indicatori di salinità e di inquinamento organico e da agenti patogeni per il periodo 2005-2100 in base a una serie di percorsi socioeconomici condivisi e di percorsi di concentrazione rappresentativi. Gli esperti hanno, quindi, scoperto che fino a 5,5 miliardi di persone potrebbero essere colpite dall’inquinamento delle acque superficiali entro il 2100, a seconda dello scenario climatico e socioeconomico e del tipo di inquinamento. Gli autori suggeriscono che la percentuale di popolazione mondiale esposta all’inquinamento da salinità, organico e da agenti patogeni entro la fine del secolo sarà compresa rispettivamente tra il 17-27%, il 20-37% e il 22-44%, con una scarsa qualità delle acque superficiali che colpisce in modo sproporzionato le persone che vivono nei Paesi in via di sviluppo. Per gli esperti, infine, l’Africa subsahariana potrebbe diventare il nuovo hotspot dell’inquinamento delle acque superficiali a livello globale, indipendentemente dagli scenari climatici e socio-economici futuri”, si legge nell’approfondimento dell’agenzia Gea. Un aspetto preoccupante evidenziato dallo studio è, appunto, che l’Africa subsahariana potrebbe diventare un hotspot globale dell’inquinamento delle acque in un continente già provato da diverse emergenze. Questo sottolinea la necessità urgente di adottare misure di gestione delle risorse idriche e di mitigazione dell’inquinamento in questa regione, al fine di proteggere la salute pubblica e garantire l’accesso a fonti di acqua sicura e pulita. L’inquinamento delle acque superficiali rappresenta una minaccia per la salute umana, l’ecosistema acquatico e la sicurezza alimentare. È fondamentale che vengano adottate politiche e misure a livello globale per ridurre l’inquinamento delle risorse idriche, promuovere pratiche sostenibili e investire in infrastrutture di trattamento delle acque. Solo attraverso un impegno congiunto a livello internazionale sarà possibile affrontare questa sfida e proteggere le risorse idriche per le generazioni future. Da valutare gli effetti che tutto questo, se gli scenari prospettati dovessero verificarsi, avrà sull’Europa e sull’Italia, dove sulla gestione idrica tante discussioni sono incorso da anni. Proprio ieri, sotto gli occhi del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin (a sinistra, foto Lp), è stato annunciato che ci sono 10 miliardi di euro di investimento pronti per la gestione dell’acqua e la lotta ai cambiamenti climatici. A farlo sapere è Utilitalia – la Federazione che riunisce le imprese dei servizi pubblici di acqua (oltre l’80% della popolazione servita), energia, ambiente – che in occasione dell’Assemblea mette in evidenza come si debba investire nella transizione ecologica facendo attenzione all’equilibrio e al ritmo che si imprime al nuovo modello. pensa allo stesso modo quando riconosce la necessità di raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi facendo presente come si debba plasmare questa transizione in base alle caratteristiche del sistema produttivo italiano, quindi una transizione su misura delle imprese. “Alla mitigazione dobbiamo accompagnare l’adattamento ai cambiamenti climatici – osserva il presidente di Utilitalia Filippo Brandolini, ripreso dall’agenzia Lapresse – è urgente affrontarli con investimenti adeguati. Bisogna lanciare un warning sulla tassonomia europea, che guiderà gli investimenti nei prossimi anni, a banche e assicurazioni”. Serve, però, un modello globale.
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