Agguato mortale a Napoli, fuochi d’artificio dopo il raid

NAPOLI – Ci sono linguaggi e metalinguagi. “Correte, hanno sparato, ci sono due persone ferite”. La telefonata fatta alla polizia è inequivocabile. D’altronde a Ponticelli di segnalazioni come questa ce ne sono spesso. Arrivano le auto con le sirene blu intermittenti che si confondono con quelle delle ambulanze che caricano i feriti.

La procedura è uguale a sempre, un protocollo sovrapponibile. Mettere in sicurezza la zona, evitare che curiosi possano avvicinarsi contaminando la crime scene. Quindi i rilievi balistici, con i segnalini gialli ad indicare i reperti, come i bossoli trovati sull’asfalto, che verranno poi imbustati e portati via. I casermoni in cemento a ridosso di via Esopo hanno le finestre accese. Linguaggi. C’è chi guarda, osserva. Chi con dolore per l’accaduto, chi con la sensazione di aver scelto il posto sbagliato in cui abitare.

Intanto, in un altro rione, nel vicino Conocal, qualcuno ha piazzato in strada batterie di fuochi d’artificio. La sequenza temporale tra l’agguato e quei botti sembra non casuale. Metalinguaggi. Un mondo a parte fatto di simboli e codici. Un mondo a parte che ha generato anche una forma di economia parallela; e dall’economia si è passati a una ridefinizione dello stesso concetto di società.

Un mondo a parte. Uno scenario di degrado e abbandono si apre allo sguardo di chi il rione lo vede solo da fuori. Le palazzine prefabbricate un tempo dipinte con colori sgargianti sono quasi tutte tornate al grigio del cemento. Sui muri qualche scritta con lo spray. Messaggi d’amore e di odio. Macchie che su muri anonimi come quelli non danno fastidio, ma fanno movimento. Quasi allegria.

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