NAPOLI – Oggi è l’Immacolata che tradizionalmente dà il via ai festeggiamenti per il Natale. La nostra casa si trasforma con decori e addobbi, prepariamo il presepe e anche l’albero con luci e palline. Ogni anno migliaia di italiani si trovano di fronte al medesimo dilemma: meglio l’abete vero o quello artificiale? La risposta non è banale, bisogna tener conto di una serie di fattori per poter comparare l’impatto ambientale. L’Università degli Studi di Firenze ha risposto al quesito. Il Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali dell’Ateneo ha pubblicato sul proprio sito una piccola guida alla “scelta responsabile dell’albero di Natale”, preparata dai docenti del settore forestale, su iniziativa di Gherardo Chirici. La guida intende informare in modo semplice e immediato sull’argomento. Uno dei tanti effetti negativi portati dall’industrializzazione è la produzione di alberi di plastica. La loro diffusione si basa in gran parte su informazioni non corrette. Questi prodotti sono stati pubblicizzati come “alberi ecologici”, trasmettendo in modo più o meno diretto il messaggio per cui “acquistando un albero di plastica si potrebbe salvare un albero vero”. Ma secondo gli esperti è di gran lunga più ecologico e sostenibile acquistare alberi di Natale veri. Nessuna foresta viene danneggiata se compriamo un albero di Natale. Severi regolamenti dettano le norme sulla loro coltivazione e il corpo Forestale dello Stato vigila con attenzione sul loro rispetto.
Per pareggiare 37 anni
Per la ricerca sono stati messi a confronto alberi equivalenti in termini di dimensioni (1,8 metri di altezza) ed estetica (densità di chioma) oltre al loro ciclo produttivo. Per pareggiare l’impatto, l’albero di Natale artificiale andrebbe riutilizzato per 37 anni. I risultati dello studio, coordinato da Giacomo Goli evidenziano come la produzione di un albero naturale comporti l’emissione di 0,522 kg di CO2e (anidride carbonica equivalente), mentre uno artificiale con pari caratteristiche dimensionali ed estetiche ne produce 19,4 kg (CO2e). Quindi anche ipotizzando di cambiare ogni anno l’albero naturale quello artificiale andrebbe riutilizzato almeno 37 volte per poter pareggiare gli impatti con il suo omologo in natura. Se l’utilizzatore riuscisse a far sopravvivere l’albero naturale per tempi più lunghi di un anno, la sua incidenza sull’ambiente si ridurrebbe ancora più drasticamente.
Aiutare la montagna
Scegliere un albero naturale comporta anche altri benefici. In commercio troviamo di norma due tipologie: quelli con radici e “pane di terra” non vengono da boschi, ma da apposite piantagioni. Esattamente come ogni altra coltivazione agricola. Normalmente si tratta di abeti rossi (Picea abies), diffusi in Italia soprattutto sulle Alpi orientali, altrimenti sono abeti bianchi (Abies alba) che vivono in Appennino. Acquistando questi abeti si contribuisce ad incrementare il reddito delle popolazioni che vivono in aree rurali; si combatte l’effetto serra visto che questi abeti hanno assimilato durante la loro crescita la CO2 atmosferica, a differenza di quelli di plastica che sono invece prodotti con idrocarburi fossili. L’altro tipo che trovate in vendita sono quelli senza radici, i “cimali”. Le cime di alberi che sono stati tagliati in bosco per produzione legnosa. Il più delle volte l’albero è stato tagliato per fare dei diradamenti, sempre nel rispetto di severe norme di gestione forestale su cui vigilano i carabinieri Il cimale, che in genere ha scarso valore, sarebbe stato lasciato a terra in bosco o triturato per produrre il pellett che brucia nelle stufe. Tanto vale usarlo per farci un bell’albero di Natale.
BOSCHI IN ITALIA
Il bosco è una risorsa rinnovabile. Negli ultimi 50 anni la superficie forestale in Italia è quasi raddoppiata e attualmente circa il 60% del legno che usiamo ogni anno deriva dalle nostre foreste dove si effettuano piantagioni seguite da tagli regolamentati. Il resto arriva dalle importazioni. E’ anche per questo che una gestione forestale sostenibile e coscienziosa, sviluppata su solide basi scientifiche, permette di ridurre la pressione sulle foreste naturali di aree come l’Amazzonia o l’Africa.