NAPOLI – Le temperature troppo alte unite alla mancanza di pioggia in un inverno anomalo hanno portato all’allarme siccità, sia in città che nelle campagne. Fenomeno che si è riversato sui campi: soffrono le coltivazioni e i pascoli per l’alimentazione degli animali in un numero crescente di regioni, dal Piemonte alla Sicilia. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti sugli effetti dell’andamento climatico che rischia di lasciare l’Italia “a secco” in un 2020 segnato da -80% precipitazioni e una temperatura superiore di 1,87 gradi la media storica secondo le elaborazioni su dati Ispra relativi al mese di gennaio 2020. Il problema riguarda l’intera Penisola. In Sicilia scarseggia il grano, mentre per gli ortaggi e i nuovi impianti di vigneto è stato addirittura necessario intervenire con irrigazioni di soccorso. La Coldiretti evidenzia che anche i pozzi si stanno asciugando: notizia a dir poco disastrosa, considerando che mancano all’appello, rispetto ad un anno fa, circa 73 milioni di metri cubi d’acqua. Si stanno svuotando progressivamente anche gli invasi in Puglia dove, informa l’associazione ambientalista, la disponibilità di acqua risulta addirittura dimezzata in 12 mesi con circa 140 milioni di metri cubi, contro i 280 di un anno fa, secondo un’analisi sulla base degli ultimi dati dell’Osservatorio Anbi. Per non parlare della Calabria. Qui la Coldiretti ha chiesto l’avvio delle procedure per il riconoscimento dello stato di calamità per la situazione di emergenza in particolare nella fascia Jonica che va da Sellia Marina a tutto il crotonese, in particolare l’altopiano di Isola di Capo Rizzuto, con un area di circa 4mila ettari investita alla coltivazione di finocchio che si sta distruggendo. Ma anche in tutte le altre aree agricole regionali – precisa la Coldiretti – i terreni seminati a grano duro, cereali, leguminose, erbai per la produzione di foraggio per gli allevamenti e pascoli montani) risultano gravemente secche e danneggiate. E in Basilicata mancano i 2/3 delle risorse idriche, mentre nel basso Molise soffrono cereali e ortaggi.
La situazione sta diventando preoccupante anche al nord dove il Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo, la più lunga asta irrigua italiana con 133 chilometri, ha dovuto anticipare l’avvio dell’irrigazione a beneficio dell’intero comparto agricolo. Preoccupano anche i grandi laghi dell’Italia settentrionale, come il Como e di Iseo, largamente sotto media (sono rispettivamente al 18% ed al 21% della capacita di riempimento), ma anche i livelli idrometrici del fiume Po sono sotto la media stagionale e fanno segnare -2,5 metri al Ponte della Becca, un livello praticamente estivo che ha spinto l’Autorità distrettuale di bacino a convocare per il 6 marzo l’Osservatorio sulle crisi idriche. Nei campi fino in Piemonte c’è preoccupazione per i terreni secchi seminati a cereali che rischiano di non far germogliare ed irrobustire a dovere le piantine che, in caso di repentino abbassamento delle temperature potrebbero gelare o essere spazzate via in caso di piogge violente. La siccità – precisa la Coldiretti – è diventata l’evento avverso più rilevante per l’agricoltura con i fenomeni estremi che hanno provocato in Italia danni alla produzione agricola nazionale, alle strutture e alle infrastrutture per un totale pari a più di 14 miliardi di euro nel corso di un decennio. In un Paese comunque piovoso come l’Italia che per carenze infrastrutturali trattiene solo l’11% dell’acqua, occorre un cambio di passo nell’attività di prevenzione”, dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Il primo passo è “la realizzazione di piccole opere di contrasto al rischio idrogeologico, dalla sistemazione e pulizia straordinaria degli argini dei fiumi ai progetti di ingegneria naturalistica”, ma allo stesso tempo – continua Prandini – “serve un piano infrastrutturale per la creazione di piccoli invasi che raccolgano tutta l’acqua piovana che va perduta e la distribuiscano quando ce n’è poca ai fini di regimazione della acque”.