CASAL DI PRINCIPE – Non solo la vicinanza a Nicola Schiavone ‘o russ. A spingere la Direzione distrettuale antimafia di Napoli a collegare le attività di Antonio Caliendo al clan dei Casalesi sono anche i suoi rapporti imprenditoriali con Emilio Baldascino, suocero di Pasquale Setola, fratello di Giuseppe ‘o cecato, killer bidognettiano. Una relazione che le fiamme gialle del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma sono riuscite a tracciare mentre indagavano sul flusso di denaro che dalla società Ambienta di Pastorano, gestita, secondo gli investigatori, da Antonio Luca Iorio (uomo d’affari di Calvi Risorta), confluiva, grazie a fatture per operazioni inesistenti, sulle società ‘cartiere’ controllate proprio da Caliendo. Un sistema che sarebbe stato in grado di muovere, in pochi anni, circa 11 milioni di euro: parte di questi quattrini sarebbe stati prelevati in contanti o versati, sempre tramite bonifici, su altre ditte compiacenti o su conti esteri.
A supportare la tesi della Dda di Napoli, che vede legati imprenditorialmente Caliendo e Baldascino, ci sono alcune conversazioni intercettate tra agosto e novembre 2021. Secondo quanto ricostruito dai finanzieri, Baldascino e il genero si erano aggiudicati un importante lavoro a Cassino. Ma l’esecuzione degli interventi venne affidata alla 4A Costruzioni di Caliendo. Per quale ragione? Perché le ditte riconducibili a Baldascino e Setola erano ‘inutilizzabili’, in quanto i due erano stati precedentemente raggiunti da un provvedimento di sequestro preventivo.
Tra le intercettazioni che la guardia di finanza ha ritenuto utili ai fini investigativi, c’è quella del 7 novembre 2021: Emilio Baldascino chiama Caliendo per chiedergli i suoi documenti. “Antò – dice il suocero di Setola – mi servirebbe la fotocopia del codice fiscale e della tessera perché dobbiamo consegnare, che siamo quasi agli sgoccioli”. “Va bene – risponde Caliendo -. Ve le mando a voi?”. “Me le mandi tramite WhatsApp?”. “Bravo, sì – concorda il casaelse -. Ve le mando su WhatsApp”.
La vicinanza affaristica tra Caliendo e Baldascino, emerge, sostiene la Dda di Napoli, anche nell’indagine volta a smascherare un altro giro di fatture false e di riciclaggio (datata 2015) che orbitava intorno alla figura di Vincenzo Ferri ‘o califfo (ora sta affrontando un processo per concorso esterno al clan dei Casalesi).
L’indagine sui soldi generati da Ambienta e passati alle ditte ‘cartiere’ di Caliendo ha fatto scattare, la scorsa settimana, 8 misure cautelari. A finire in carcere sono stati Iorio e Caliendo (a loro è stata contestata anche l’aggravante della finalità mafiosa). Domiciliari, invece, per Gaetano Marraprese, 48enne di Pastorano, Ersilia Carano, 58enne di Casale, Nicola Ferri, 69enne di San Marcellino, Nicolino Iorio, 78enne di Calvi (padre di Luca Antonio), Alfonsina Russo, 33enne, e Delisa Silvana Corvino, 67enne, entrambe di Casal di Principe. Sono accusati, a vario titolo, di riciclaggio di denaro, frode fiscale e intestazione fittizia di beni. Logicamente i destinatari delle misure cautelari sono da ritenersi innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. In questa complessa indagine, che ha generato i provvedimenti cautelari, disposti dal gip Federica Colucci del Tribunale di Napoli, non sono coinvolti Baldascino e Setola.
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