Baby boss con le pistole: le spine di Gratteri

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse in foto Nicola Gratteri

NAPOLI – Il nuovo capo della procura della Repubblica s’insedia oggi. Riflettori sul Palazzo di Giustizia. In tanti s’aspettano la svolta da Nicola Gratteri, dopo una ondata di violenza in città, che sembra inarrestabile. 

La sedia del procuratore era vuota da quasi un anno e mezzo, da quando Giovanni Melillo la aveva lasciata per l’incarico di capo della Direzione nazionale antimafia. A mezzogiorno Gratteri presterà giuramento al Tribunale. Il 65enne guiderà la Procura più grande d’Italia. “Abituato ad ascoltare tutti, ma porto il mio lavoro fino in fondo. Sono un servitore dello Stato”. E’ il leit motiv. Suo biglietto da visita. E non intende fare sconti. Ha già fatto sapere che anni fa aveva fatto arrestato suoi ex compagni di scuola. La legge è legge. Lo racconta la sua carriera. Arriva dalla Calabria. Terra difficile, pure quella. Ed è per questo che tanti napoletani puntano su di lui. C’è da fare molto: dalle gang, che scorrazzano armate di coltelli nei quartieri bene della città, ai babycriminali, che impugnano pistole per il gusto di farsi vedere come boss dai compagni, ai clan che hanno rialzato la testa dopo il Covid. Ce n’è per tutti. E non sarà una passerella per il neo procuratore. Del resto è abituato a lavorare sodo. “Fare quattro, ma anche dieci riunioni al giorno. Entro in ufficio alle otto del mattino e esco alle 20, se tutto va bene. Mangio sulla scrivania, non mi alzo finché non ho preso una decisione, sempre a disposizione”. Sarà necessario farlo anche a Napoli. L’altro ieri si è congedato a Catanzaro: “I calabresi hanno più fiducia nelle loro forze e nelle istituzioni. Abbiamo dato un po’ di speranza. Questa è la cosa più bella. Non vedo la gente totalmente rassegnata come lo era sette anni fa”. Ha salutato i colleghi: “Continuate a tenere la barra dritta”. Arrivato lì il 16 maggio 2016. Subito rotto gli schemi. Nel giorno del suo insediamento disse che fossero inadeguati organico e struttura (pericolante), che ospitava la Procura. Indicò l’ex ospedale militare, abbandonato da 12 anni, come nuova sede. Così fu. A Napoli servirà un restyling sociale. I segnali ci sono. Pochi giorni fa il presidente di Confesercenti per la Campania ha incontrato il questore Maurizio Agricola. Vincenzo Schiavo ha posto paletti: gli imprenditori hanno bisogno di sicurezza, per investire a Napoli. Non ci ha girato intorno: “Gli imprenditori napoletani, per sviluppare la nostra economia, hanno bisogno di una città sicura. A Napoli il turismo continua a crescere ed è necessario che lo Stato faccia sentire la sua presenza per garantire ai turisti, come ai residenti e agli imprenditori, la normalità”. E ancora: “Napoli è una città difficile, ognuno di noi deve fare la sua parte”. Il messaggio è chiaro: le cose devono cambiare. Ed è lo stesso che sarà arrivato a Gratteri in queste ore. Il grido dei partenopei. Il 31 agosto in piazza Municipio un musicista di 24 anni è stato ucciso a colpi di pistola in una lite. La madre di Giovanbattista Cutolo ha lanciato una battaglia per la legalità e abbassare l’età imputabile. Sul lungomare un altro ragazzo è stato ucciso da un colpo di pistola vagante, esploso sempre dopo una rissa (a cui era estraneo). Francesco Pio Maimone era seduto a un tavolo con amici. Parliamo di due luoghi simbolo della città: la piazza davanti al Municipio e via Francesco Caracciolo sul lungomare. Cambierà qualcosa?.   

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