Ballon d’essai

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna
Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna

Quando gli uomini, per volare, usavano le mongolfiere, ovvero il pallone aerostatico funzionante con aria calda, inventato dai fratelli Joseph-Michel e Jacques-Étienne Montgolfier, prima di staccarsi da terra erano soliti lanciare in aria un “ballon d’essai”, ovvero un palloncino di prova con il quale determinavano la direzione dei venti. Con il passare degli anni la parola ha perso il suo iniziale significato per tramutarsi in “notizia” lanciata appositamente per verificare il parere dell’opinione pubblica, per vedere, insomma, quali umori essa suscitasse. Sia come sia, etimologicamente parlando, i francesi usano, oggi, quella parola, nel gergo più generale, per indicare, appunto, un test preventivo. Alla prova dei fatti, però, i politici d’oltralpe hanno mostrato di non voler più impiegare questo sistema cautelativo, scegliendo, all’opposto, di inimicarsi gran parte della popolazione. E’ accaduto con la riforma delle pensioni che Macron ha fatto di recente presentare in Parlamento. L’attuale premier Élisabeth Borne alla guida di un governo di centrodestra ha infatti sottoposto all’Assemblea nazionale (l’equivalente della nostra Camera) un disegno di legge che porta da 62 a 64 anni l’età pensionabile. La sollevazione popolare contro questo proposito è stata immediata, violenta e partecipata da quasi tutte le categorie sociali e dai partiti antagonisti uniti per presentare una mozione di sfiducia nei confronti dell’esecutivo. Mozione non approvata per un esiguo margine di voti. Ciò nonostante, in quel Paese, ancora stanno divampando proteste e chiusure di fabbriche. I nostri cugini transalpini stanno dimostrando di non essere affatto intenzionati a scherzare quando scendono in piazza, mancando, in quella nazione, l’istituto della concertazione e la vocazione alla mediazione, ovvero al tanto deprecato “compromesso” di cui gli italiani, invece, coltivano il culto. Storia vecchia quella delle sommosse in Francia a cominciare da quella che alla fine del 1700 diede vita alla rivoluzione contro l’assolutismo del re ed i privilegi della casta aristocratica. Si cominciò con le idee partorite negli atelier filosofici per finire nel bagno di sangue dei Giacobini attraverso l’uso sfrenato e disinvolto della ghigliottina, pronta ad abbattersi sul collo dei condannati sotto lo sguardo impietoso delle “tricoteuses”, le “magliaie” che, durante le esecuzioni, assistevano alle decapitazioni sferruzzando tranquillamente la maglia. Furono, quelli, anni di guerra civile e di terrore finché non arrivò il Termidoro, nel quale stanca di morte, l’opinione pubblica cancellò in un colpo solo il terrore di Robespierre, finito anch’egli con il capo mozzato, dando i poteri costituzionali alla borghesia. Quei moti rivoluzionari furono poi destinati a perpetrarsi nel tempo sul suolo francese, anche dopo l’epopea napoleonica. Fino ad arrivare ai giorni nostri. Come dimenticare, infatti, l’aggressività della sinistra, dei sindacati dei lavoratori e degli intellettuali d’avanguardia ai tempi della “grandeur” di De Gaulle? Non a caso la rivoluzione generazionale scoppiata alla Sorbona nel 1968 incendiò l’Europa sovvertendo regole, rapporti, etica e consuetudini dentro e fuori la scuola e la famiglia. Insomma i transalpini hanno sempre fatto scuola in quel crogiolo di idee e di mode che era Parigi, tranne che per la virulenza delle loro contestazioni. In Italia non sono poche le cose che abbiamo assorbito dai nostri “vicini”. Costoro, però, non ci hanno mai realmente contagiato con il loro clima di violenza e di radicalismo. In effetti la rivoluzione del 1789, a differenza di quella Americana, non ha mai posto il cittadino (e la sua libertà) al centro della scena politica e sociale, bensì lo Stato e l’alta burocrazia del medesimo. Il frutto di quella tradizione sono i grand commis de l’État che ancora oggi vengono formati da scuole di pubblica amministrazione eccellenti, andando poi a dominare i ministeri ed indirizzando la politica nel verso plausibile e praticabile. Sono anche essi parte della struttura statale e ne costituiscono l’ossatura, scendendo raramente a soluzioni compromissorie con il potere politico. Esattamente quello che da sempre è mancato allo Stivale, dove il clientelismo e le raccomandazioni hanno posizionato ai vertici della burocrazia più dei cortigiani che degli autorevoli interpreti delle esigenze dei cittadini. Si aggiunga che la trimurti “Libertè, Fraternité ed Egalité” è nella disponibilità di uno Stato fermo e centralizzato ed il quadro sarà completo. Ora, contro questa mancanza di flessibilità e di accomodamento si scontrano coloro che dal pubblico vogliono prendere per se stessi e mai dare. Questo uno spaccato di quel che avviene in Francia e che non avverrà mai in Italia ove spesso si cammina carponi  nulla  si muove. Gente con le ali tarpate che non lanciano né mongolfiere né piccoli ballon d’essai!!

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