CERNOBBIO – Pur avendo gestito con sufficiente fluidità la questione esuberi, l’Italia è ancora in ritardo rispetto ai partner europei per quanto riguarda l’incidenza delle professioni high tech nel settore finanziario-assicurativo. In particolare le banche. La quota del personale impiegato in occupazioni scientifiche, ingegneristiche e nell’Ict sull’occupazione totale del settore è infatti pari al 3,8%. Contro l’8,8% del Regno Unito, il 5,9% della Francia, il 5,8% della Germania e il 6,5% della media Ue.
High tech in Italia, potenzialità ancora da esplorare
A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, la situazione quantomeno si traduce in ampie potenzialità ancora da esplorare. L’attesa di crescita di queste professioni all’interno del settore per il periodo 2016-2026 è per l’Italia del 150,5%, mentre quella dell’Unione europea è del 44, stando a quanto emerge dalla ricerca di Ambrosetti Club ‘Le banche del futuro’, realizzata da The European House – Ambrosetti con Openjobmetis e presentata nel corso della prima giornata del Forum di Cernobbio.
Banche, occorre una riconversione
“Occorre un deciso cambio di marcia nella ridefinizione dei curricula di studio del sistema formativo secondario superiore e terziario italiani. Affinché si possa colmare l’attuale mismatch tra domanda e offerta nel mercato del lavoro nazionale”, afferma in proposito Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis.
Eccesso di manodopera nel settore bancario
“Il sistema bancario italiano si trova ad avere eccesso di manodopera anche a causa delle nuove tecnologie. Ci sono storie diverse, ma malgrado la situazione debolezza la gestione esuberi è stata effettuata con sufficiente fluidità”, gli fa eco Pier Carlo Padoan, advisor della ricerca. Segnalando come ora sia importante agire su quella che è “l’altra faccia della medaglia” di questa transizione. Quella cioè che riguarda “la qualità del personale bancario che deve essere trasformata”.
Il capitale umano
Quello del capitale umano è comunque solo uno degli aspetti affrontati all’interno del lavoro presentato a Villa d’Este, che osserva il cambiamento in atto a livello mondiale dal punto di vista della globalizzazione, della regolamentazione e della digitalizzazione. Ma tiene anche conto delle specificità del mercato italiano, caratterizzato tra le altre cose da un forte “bancocentrismo”. Oltre che da situazioni di criticità ereditate dalla crisi finanziaria e non ancora pienamente risolte.
L’obiettivo è avviare il processo di digitalizzazione
Alla luce delle analisi realizzate e delle indicazioni raccolte durante la stesura del testo, il Comitato Guida che ha curato il rapporto ha quindi individuato una serie di raccomandazioni. Rivolte tanto alla leadership delle banche quanto ai decisori politici.
Tra i passaggi suggeriti, l’eliminazione delle forme di penalizzazione regolamentare che rendono meno conveniente per gli istituti di credito investire in asset intangibili. E l’introduzione di incentivi finanziari mirati a contenere gli effetti della trasformazione competitiva. Oltre alla creazione di una regolamentazione omogenea a livello europeo per gli operatori finanziari e non, alla definizione di nuovi modelli collaborativi che guidino il processo di digitalizzazione. E la diffusione di una “cultura dell’aggiornamento permanente” come leva di professionalizzazione individuale.
(AWE/LaPresse/di Marco Valsecchi)