Nel raccapriccio totale di questa campagna elettorale veloce, imbarazzante, senza spunti e concretezza e soprattutto piena di trovate talmente stupide o palesemente insostenibili che nessuno può prendere seriamente, uno degli aspetti più terrificanti viene dall’approdo di alcuni esponenti politici di rilievo assoluto su TikTok.
Ma non perché, sia chiaro, comunicare con un nuovo linguaggio a un altro target sia esecrabile perché hai una certa età o racconti barzellette – cosa che magari ti veniva bene ai comizi di venti anni fa. I numeri (quelli dei follower o dei commenti) arriveranno o meno, per carità, ma non sono e non possono essere misura di successo di una strategia che ridicolizza, umilia, banalizza l’essere giovani in Italia. Li relega in un confine, gli rifila vere e proprie cazzate senza profondità alcuna, li riduce a poco più che esseri votanti da circuire usando slang che sembrano scimmiottarli un po’ come fa la tanto bistrattata professoressa di corsivo con alcune ragazzette milanesi.
Un baratro culturale, quello in cui il nostro Paese sprofonda, in cui si è giovani fino a 45 anni perché così conviene pensarla su più livelli, in cui dibattiamo un’estate intera su come sia ingiusto che Sanna Marin sia giudicata perché si sia divertita a una festa (Salvini al Papeete per le stesse persone è inaccettabile) dimenticando che a 36 anni è leader di un Paese europeo e che dopo essere tornata da quella festa (lasciando alle polemiche il tempo di gossip che trovano) ha lanciato una delle riforme del welfare più importanti della storia finlandese e dell’intera Europa.
I nostri giovani invece – per alcuni spin doctor e esperti di digital marketing che guardano ai numeri dimenticando il resto – sono un gruppo di idioti che perdono tempo con i balletti e come tali vanno trattati. Non vengono invece visti, i giovani, come una forza che è stata capace di scendere in piazza – come in tutta Europa – imponendo che nelle agende finissero argomenti come la transizione ecologica e obbligando un intero sistema produttivo a rivedere le sue regole e le sue priorità. Transizione che, piantumazioni di alberi in stile aumento delle pensioni a parte, manca nei programmi. Come mancano, nel raccapricciante dibattito da campagna elettorale, i temi del lavoro e dell’occupazione tanto cari ai ragazzi, ma anche quelli della rigenerazione urbana, della lotta alle diseguaglianze o proposte politiche per evitare la fuga verso l’estero (relegando gli improbabili aumenti di pensioni e tagli alle tasse sbandierati qua e là a un progetto a lungo termine perorato da illustri esponenti politici e governativi di “figliare il più possibile” per creare nuovi contribuenti tra 20 o 25 anni).
Preferisce invece, la politica, vedere i giovani italiani per quello che non sono in maniera così convinta e insistente che così i giovani diventeranno. Incapace com’è di trattare i nostri ragazzi – a cui hanno già rubato il futuro – con quel briciolo di dignità a loro dovuta.