Brucellosi, i sindacati puntano il dito contro i colossi del latte e della carne

Brucellosi, i sindacati puntano il dito contro i colossi del latte e della carne
Brucellosi, i sindacati puntano il dito contro i colossi del latte e della carne

CASERTA – Era arrivata a percentuali irrisorie: fino al 2012 la brucellosi bovina è stata  “sotto controllo”, ha ricordato il professore Vincenzo Caporale (già direttore dal 1990 al 2011 dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise), che ieri ha partecipato al Bufala Tour.. Poi la scelta di mollare vaccinazione e prevenzione ha determinato un incremento notevole dei casi. Sono tornati a spuntare focolai su focolai negli allevamenti casertani. Risultato? Si è ripresentata l’emergenza. Ma il piano regionale attivato per fronteggiarla, con l’obiettivo di eradicare la brucellosi, avrebbe solo portato al macello migliaia di bufale e costretto tante aziende a chiudere senza risolvere il problema.  In questo modo gli allevamenti casertani sono stati indeboliti, messi all’angolo.  E farlo, secondo Gianni Fabbrs, vuol dire incidere (provare a controllare) il business della mozzarella: “C’è il rischio che il prodotto si trasformi, che si allontani dalla tradizione. Riducendo il numero di aziende agricole in Terra di Lavoro, delocalizzando gli impianti, si vuole trasformarla in un prodotto industriale”.

Il sindacalista ha puntato il dito contro quelli che ritieni i nemici del settore bufalino: “Uno è il grumo di interessi che c’è intorno alla filiera della carne. Un animale da abbattere viene pagato dalla società che si occupa della macellazione circa 500 euro. Entra bufala ed esce come carne bovina. Se quella stessa impresa avesse dovuto comprare un animale cresciuto perché destinato esclusivamente  alla macellazione e non alla produzione del latte, come lo sono invece le bufale, avrebbe speso dai 2.500 ai 3mila euro. Moltiplicate per il numero di animali abbattuti durante l’emergenza brucellosi e fatevi due conti. Sono stati ‘regalati’ circa 700 milioni di euro”. Il secondo ‘nemico’, dice Fabbris, è la grande distribuzione: “Puntano ad avere un prodotto che resista settimane sui banchi per la vendita, facendo perdere alla mozzarella la sua artigianalità”. E il terzo nemico, a detta del sindacalista, è rappresentato da chi si occupa del controllo sanitario della filiera bufalina: “E’ evidente che si sia venuto a formare un centro di potere. Voglio dare qualche numero: nel 2007 l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno aveva 200 dipendenti, tra assunti e contrattualizzati (a tempo, ndr). Oggi ne ha 400. Un aumento che comporta un enorme incremento di spesa che qualcuno dovrà pur pagare”.

La mozzarella è una risorsa inestimabile per il territorio. Ci sono formaggi caprini, ovini e bovini. “L’Italia – ha ricordato Fabbirs –  è l’unica nazione che ha una quarta specie, i formaggi fatti con latte di bufala. E’ assurdo che non abbiamo la consapevolezza di quanto sia importante tutto questo. Se i francesi avessero avuto la mozzarella, non immagino cosa sarebbero riusciti a fare”.

L’oro bianco muove cifre esorbitanti: “Tenendo conto solo del circuito Dop arriviamo ad un miliardo, che si raddoppia – ha chiarito Fabbris – se consideriamo quello non Dop. Sono impegnate 12mila persona e il 60 percento del latte viene prodotto in provincia di Caserta”. 

La paura negli occhi degli allevatori

Paura: è ciò che Adriano Noviello da imprenditore agricolo e leader dell’associazione ‘Tutela allevamento bufala mediterranea’ ormai vede da anni negli occhi di tanti suoi colleghi. Paura: è ciò che ha visto pure negli occhi di Attilio Galeone, l’allevatore  che ieri mattina ha aperto i cancelli della sua azienda al Bufala Tour, evento promosso dal movimento ‘Salviamo le bufale’ per far conoscere, senza filtri, chi lavora e come si opera nel comparto che produce l’oro bianco. 

Con il nuovo piano di eradicazione di brucellosi e tubercolosi varato dalla Regione, il settore, sostengono tanti allevatori casertani, anziché riprendersi, anziché superare le criticità connesse alle infezioni, sta implodendo: in pochi anni migliaia e migliaia di animali sono stati uccisi e centinaia di aziende costrette a chiudere senza riuscire a fermare l’avanzata di brucella e tbc. “Vedo la paura negli occhi di Attilio – ha spiegato Noviello – perché con una struttura  che ha la possibilità di avere più di  400 bufale, è costretto a lavorare con un quarto del suo potenziale. Vedo la paura perché ha iniziato a diversificare i propri investimenti”. Il settore non è più solido, il rischio di fallire, tra abbattimenti e interventi (costosissimi) da eseguire per rispettare le prescrizioni dell’Asl, è dietro l’angolo. 

“Qua non vedo un allevamento, ma dei bunker”, ha commentato Gianni Fabbris, sindacalista e portavoce del Coordinamento unitario in difesa del patrimonio bufalino. “Ci sono soltanto animali imprigionati in blocchi di cemento – ha dichiarato mentre il Bufala Tour attraversava le stalle -, distanti dall’ambiente circostante, tagliati fuori dalla natura, costretti a vivere su un suolo artificiale fatto di cemento e paglia. Si preferisce tenerle qui, rinchiuse, perché si è scelto di non fare prevenzione e di non fare le vaccinazioni. Si è scelto di alzare queste mura per non fare entrare la brucellosi. Sono convinto – ha aggiunto Fabbris – che se la Regione ritenesse utile  mettere delle torrette con dei militari armati, muniti di mitragliatrici, intorno alle aziende, pure le renderebbe obbligatorie. Fra poco diranno che sarà necessario installare una antiaerea per i piccioni”. Ma il cemento e le armi (Fabbris, chiariamolo, lo ha detto con ironia) servono a poco. Nonostante gli interventi effettuati da Galeone presso la sua azienda, infatti, la brucellosi, in passato, è entrata ugualmente. “Ho speso circa 400mila euro – ha detto l’allevatore indicando i box in cemento e i tendoni -. Ma rischiano di servire a poco”.  E così si fa spazio la paura. Paura di ritrovarsi sul lastrico, di dover dire basta ad una tradizione lavorativa che dura da generazioni. Una paura che potrà essere sconfitta solo con un piano diverso da quello che la giunta regionale ha approvato. Perché quel documento, sostengono gli allevatori, è chiaro che continua a scegliere la strada degli abbattimenti, dell’eliminazione, della riduzione degli stabilimenti nella provincia di Caserta. Dopo la visita all’azienda di Galeone, il Bufala Tour ha fatto tappa a Grazzanise, da Nicola Corvino: la sua azienda ha subito lo stamping out, ovvero l’abbattimento totale della stalla e, dopo aver eseguito i lavori di messa in sicurezza, sostenendo importanti investimenti, non può ripopolare e ripartire con le attività. Terza e ultima tappa a Cancello Arnone, presso l’azienda biologica Ponteré: ha  gli animali al pascolo ed è presente al suo interno anche una fattoria didattica. 

L’appello a De Luca: basta muro contro muro

Una lettera aperta indirizzata a Vincenzo De Luca

, governatore della Campania, per invitarlo “a dismettere i panni del ‘muro contro muro’ inutile e dannoso per i cittadini e per  il territorio”. Una lettera che invita la Regione al dialogo per “facilitare una soluzione ragionevole”. A scrivere la missiva è il Movimento di allevatori impegnato da mesi a chiedere una modifica al piano di eradicazione di brucellosi e tubercolosi dalle stalle. Il grippo desidera e spera che De Luca si confronti “con le  proposte avanzate in questi mesi”. “L’attuale piano di eradicazione – sostiene il Movimento – è un documento fondato sulla macellazione. Sono state abbattute centinaia di migliaia di animali di cui solo l’1,4 percento con riscontro positivo da brucella e tbc. E’ un documento che ha portato alla chiusura di circa 300 aziende in 10 anni. E i focolai aumentano, aprendo le porte ad una crisi  ambientale, economica e sociale. Abbiamo chiesto di passare alla politica della prevenzione che risolva il problema del rilancio, che dia un’opportunità a tutto il territorio casertano, alla Campania ed all’agroalimentare del paese. Abbiamo indicato un bivio di fronte a noi ed alle istituzioni. Quale via scegliamo? La via che valorizza la mozzarella come un prodotto irripetibile, legato al territorio, agli allevamenti bufalini piccoli e medi dell’area e ai trasformatori artigianali o la via della speculazione industriale di carne e latte con la Dop allargata a tutto il territorio nazionale? Scegliamo la vita di mettere l’area casertana, centrale per l’allevamento della bufala, nella condizione di risolvere i suoi problemi e di rilanciarsi valorizzando e tutelando il suo enorme potenziale storico o puntiamo a svuotarne la capacità produttiva delocalizzando e chiudendo le imprese”. Gli allevatori per far sentire con forza la loro voce, per richiamare l’attenzione di De Luca, giovedì terranno una manifestazione a Napoli: “Con i nostri trattori organizzeremo un presidio a Palazzo S. Lucia, sede del governatore”.

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