Business delle pompe funebri, i Bidognetti tornano sulla scena

Nell’inchiesta della Squadra mobile spunta il genero di Cicciotto ‘e Mezzanotte. L’intercettazione: “Ora vuole fare al 50 per cento”

S. CIPRIANO D’AVERSA – A volte ritornano. Anche se, nel caso che stiamo per raccontare, sarebbe meglio dire che non se ne sono mai andati. I bidognettiani tra il 2020 e l’anno scorso avrebbero continuato a taglieggiare alcune imprese funebri attive nell’Agro aversano. Lo facevano negli anni Novanta, lo avevano continuato a fare nei primi anni del Duemila e, a quanto pare, starebbero continuando a farlo. Il dato è emerso nell’inchiesta che ha portato in cella (e già alla condanna di primo grado) Oreste Reccia, esponente del clan dei Casalesi attivo soprattutto a San Cipriano d’Aversa. Uscito di prigione nel 2020, secondo la Dda di Napoli, mise subito in piedi un gruppo con il quale estorcere denaro a commercianti e imprenditori locali. Tra le vittime, dicono gli investigatori, c’era il titolare di un’agenzia funebre. Nel marzo dell’anno scorso, però, l’uomo d’affari da spolpare diventa d’interesse, sostengono i poliziotti della Squadra mobile di Caserta, anche di Vincenzo D’Angelo. Cosa c’entra con i Bidognetti? D’Angelo è il marito di Teresa Bidognetti, figlia del capoclan Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte. E cosa succede con la vittima ‘contesa’? Reccia cede il passo e si metterebbe al servizio del genero di Cicciotto.
Gli agenti hanno documento diversi contatti tra D’Angelo e il sanciprianese. E a fare la sintesi di quanto deciso a conclusione di questi confronti è stato proprio Reccia nel corso di una chiacchierata con Remigio Testa (già condannato a 6 anni per pizzo e armi): “I funerali, se la vede lui come deve fare. Adesso lui vuole fare al 50 percento, il funerale che viene, 2mila euro. Mille a lui e mille a questo, perché così lavora… se vuole lavorare”.

Secondo gli investigatori la richiesta sproporzionata da parte del genero di Cicciotto all’imprenditore sarebbe stata finalizzata, con il tempo, a favorire un suo ingresso diretto in società.

L’attività investigativa a luglio dell’anno scorso è sfociata in 13 misure cautelari. Tra i destinatari anche Reccia e Testa, che sono stati dichiarati colpevoli di estorsione e armi (Reccia anche per associazione mafiosa). D’Angelo compare nelle carte dell’inchiesta ma nei suoi confronti la Dda non ha deciso di esercitare l’azione penale.

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