Business milionario macchiato dalla condanna per plagio

NAPOLI – Che macchina da soldi, Gomorra. Il romanzo è stato pubblicato in innumerevoli ristampe ed edizioni, tradotto in quasi 60 lingue diverse, distribuito in circa 170 paesi, tramutato in audiolibro, film, serie tv, opere teatrali. C’è persino una edizione per le scuole. Senza contare il ritorno in termini di visibilità, milioni di follower sui social, ospitate in televisione sulla Rai (persino a Sanremo), sulla Mediaset, su La7, da Maria De Filippi a Daria Bignardi, da Fabio Fazio a Corrado Formigli, da Michele Santoro a Diego Bianchi. E poi editoriali e interviste sui principali giornali nazionali e internazionali, collaborazioni con l’Espresso, con Repubblica, con il Corriere della Sera, con El Pais, con il New York Times, copertine sulle riviste più “cool”, da Rolling Stones a Vanity Fair. Una pioggia di soldi per Roberto Saviano e per la Arnoldo Mondadori Editore della famiglia Berlusconi, editrice di Gomorra (nelle foto in alto lo scrittore e Marina Berlusconi, presidente della Mondadori).
E pensare che tutto è nato da un romanzo nel quale i giudici della Corte di Appello di Napoli prima e la Corte di Cassazione poi hanno rilevato diversi casi di plagio e di omessa citazione della fonte. Articoli copiati e incollati così com’erano nel romanzo e che la Mondadori, a partire dalle edizioni più recenti, ha dovuto citare con indicazione dell’autore e dell’editore di Cronache, la Libra Editrice.
“Saviano – si legge nella condanna per illecita riproduzione degli articoli dei cronisti locali – non si è limitato a riferire nella loro rigorosa oggettività notizie desunte aliunde, ma si è appropriato anche delle modalità con cui esse erano state esposte, nonché delle parole più significative adoperate dal giornalista…”.
Ma non è tutto. In moltissimi altri casi i giudici, pur non ravvisando ipotesi di plagio vero e proprio, hanno riconosciuto che i fatti narrati in Gomorra erano stati raccontati molto tempo prima dai giornalisti di Cronache e che Saviano li aveva riproposti con altre parole. Fatti già di dominio pubblico, già riportati dai giornali locali.
Insomma, Saviano non ha rivelato nulla di nuovo sugli affari della criminalità organizzata campana, come invece Cronache fa tutti i giorni. Ma grazie alla potente macchina pubblicitaria e promozionale della casa editrice del Cavaliere, lo scrittore ha potuto creare un vero e proprio brand che ancora oggi fornisce una ricca rendita a lui e alla Mondadori stessa. Peccato che il prossimo 24 ottobre lo scrittore e i suoi editori dovranno tornare in aula, davanti alla Corte di Appello di Napoli. La Corte di Cassazione, infatti, ha chiesto ai giudici di rinvio di determinare la somma che dovrà essere versata alla Libra Editrice a titolo di risarcimento per la violazione del diritto d’autore. Per farlo, gli ermellini dovranno tener conto degli “utili realizzati in violazione del diritto”. A occhio e croce dovrebbero essere un bel po’ di quattrini. è possibile, data la complessità della materia, che la quantificazione degli importi venga effettuata sulla base del parere di un consulente tecnico designato dal giudice.

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Il cinema ispira i boss, lo diceva Saviano

NAPOLI (uc) – Può il cinema influenzare (negativamente) la realtà? Sono i mafiosi a ispirare i personaggi delle fiction o i personaggi delle fiction a ispirare i mafiosi? Beh, una risposta a questa domanda potremmo cercarla nel romanzo più famoso dello scrittore di camorra più famoso, quello che alcune testate si ostinano a presentare come esperto della materia. Nel romanzo Gomorra di Roberto Saviano c’è infatti un intero capitolo dedicato all’argomento.
“Non è il cinema – vi si legge – a scrutare il mondo criminale per raccoglierne i comportamenti più interessanti. Accade esattamente il contrario. Le nuove generazioni di boss non hanno un percorso squisitamente criminale, non trascorrono le giornate per strada avendo come riferimento il guappo di zona… Guardano la tv, studiano, frequentano le università… I camorristi debbono formarsi un’immagine criminale che spesso non hanno, e che trovano nel cinema. Articolando la propria figura su una maschera hollywoodiana riconoscibile, percorrono una sorta di scorciatoia per farsi riconoscere come personaggi da temere. L’ispirazione cinematografica arriva a condizionare anche le scelte tecniche come l’impugnatura della pistola e il modo di sparare”.
Ovviamente questo lo scriveva prima di vivere dei diritti delle fiction in cui esiste solo la camorra e lo Stato è assente. Poi Saviano ha cambiato idea: “Il film – diceva qualche anno fa a Repubblica – non può mai essere un’educazione al crimine, la realtà è già oltre, non è la fiction che può indurre qualcuno a intraprendere la strada del crimine nella vita. La materia su cui intervenire è la realtà, non il film che racconta. In Gomorra – La Serie noi raccontiamo la realtà così com’è. È la nostra finzione, perché ovviamente la serie è una finzione, fatta da attori, non è un documentario”. E ancora: “Credo che guardare Gomorra e poi emulare le gesta dei personaggi sia profondamente improbabile. Si torna sempre al punto di partenza: alla realtà che ha fatto fare una scelta del genere”.
Ma non è l’unica contraddizione nella quale Saviano, paladino della legalità condannato per plagio, è incappato. Una volta, ad esempio, si indignò giustamente perché durante una trasmissione Rai venne inquadrato tra il pubblico un boss della camorra, Gaetano Marino detto “manomozza”, successivamente ucciso in un agguato a Terracina. Eppure non ha mai detto una parola per spiegare come mai nel film Gomorra, tratto dal suo romanzo, recitassero due veri camorristi, Giovanni Venosa e Bernardino Terracciano. Né ha mai approfondito, Saviano, la vicenda della villa del boss della fiction presa in affitto da un boss vero, quello del clan Gallo, nonostante fosse sotto sequestro. Insomma, lo scrittore vede il marcio solo quando è lontano dal suo orticello. Ma oggi non incanta più nessuno.

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Le frasi dei finti boss su cellulari e magliette

NAPOLI (uc) – Che la serie Gomorra renda i boss della camorra figure affascinanti e “trendy” non è solo l’opinione di qualche detrattore. Lo dimostra ampiamente il boom di feste in discoteca che, all’indomani della messa in onda della seconda stagione, ruotavano intorno ai principali personaggi della produzione televisiva.
Gli attori venivano invitati come “ospiti speciali” e presentati come Genny Savastano, “don” Pietro Savastano e “’O Track”. Numerosissimi i “flyers”, i volantini usati per la pubblicizzazione degli eventi, che venivano distribuiti nei bar e nei locali nelle settimane che precedevano le serate in discoteca. Gli eroi al contrario delle fiction venivano ritratti con lo sguardo cattivo, minaccioso, come se quella espressione fosse in qualche modo ritenuta attraente per i giovani. Ma non si parla solo di eventi. Attorno al “marchio” Gomorra si è sviluppato un vero e proprio business. Un marchio di abbigliamento stampava le frasi dei camorristi sulle magliette e sulle custodie dei telefonini: “Vienete a piglia’ ’o perdono” (con tanto di pistola), “Sta senza pensier”, “I po’ essere che ’sta guerra ’a perd, però l’aggia cumbattere”, “l’ommo che po’ fa a meno ’e tutte cose nun tene paura ’e niente” e via dicendo. Un’agenzia di viaggi postava un’offerta scrivendo: “Genny Savastano alias Salvatore Esposito sceglie la nostra agenzia di viaggi per le proprie vacanze”. Persino una nota marca di fazzoletti è arrivata a mettere in bella mostra la foto di Genny Savastano sui pacchetti e a scrivere: “Attento Genny, che se sbagli ce arripigliammo tutto chello che è nuosto”.
Una nota agenzia di onoranze funebri si vantava a mezzo social di essere stata incaricata da Sky dell’organizzazione dei funerali di don Pietro Savastano. Una casa di abbigliamento esponeva con orgoglio foto delle donne del clan televisivo che indossavano i suoi… capi.
Un birrificio creò addirittura una nuova qualità di birra chiamata “Calibro7”. Sui social la annunciava con una foto dei camorristi di Gomorra seduti al tavolino di una rosticceria. Sul tavolo una pistola in bella mostra. La didascalia spiegava: “In Gomorra La Serie si continua a bere tanta birra (con l’indicazione della marca). Più facile trovare una birra artigianale o le armi per formare una nuova banda?”. Seguiva l’emoticon di una pistola. Chissà quanti ragazzi, guardando quelle immagini, avranno pensato al dolore e alla morte che la camorra ha provocato.

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