Calcio, Mou-day show: “Sarà la Roma dei romanisti, i titoli arriveranno”

Una citazione su Marco Aurelio sul nulla con la Roma imperiale sullo sfondo, una 'pizzicata' all'Inter e a Conte e una dichiarazione tutto amore e passione verso la città e i suoi tifosi. "Io sono l’allenatore della Roma, non voglio essere niente di più. Non voglio la Roma di Mourinho, ma la Roma dei romanisti. Io non sono nessuno, sono uno in più. Niente di più".

Foto Cecilia Fabiano/LaPresse

ROMA – Una citazione su Marco Aurelio sul nulla con la Roma imperiale sullo sfondo, una ‘pizzicata’ all’Inter e a Conte e una dichiarazione tutto amore e passione verso la città e i suoi tifosi. “Io sono l’allenatore della Roma, non voglio essere niente di più. Non voglio la Roma di Mourinho, ma la Roma dei romanisti. Io non sono nessuno, sono uno in più. Niente di più”. Ciak si gira, ecco il Mou-day, il battesimo ufficiale di Jose Mourinho in giallorosso. Sulla terrazza Caffarelli, nel cuore della città, in Campidoglio, a due passi da dove si trova la camera ardente di Raffaella Carrà, rimasta chiusa alcune ore per allestire l’evento, l’allenatore portoghese dopo aver fatto un giro ai Musei Capitolini facendosi immortalare con la Lupa, ha provato a sintetizzare in meno di un’ora tutti i suoi pensieri e le sue emozioni per una nuova sfida, ennesimo capitolo di una carriera che vuole rinverdire con nuovi allori. “Non sono qui per la città perché non sono in vacanza. Sento la responsabilità del legame con la città ma siamo qui per lavorare, quindi allenamento alle 4 e ciao a tutti”, ha esordito con tono scanzonato, anche per tenere fede al suo personaggio. Poi ha iniziato il suo rito avvertendo che non si farà certo condizionare da niente e nessuno. “Sarò antipatico ma non condivido con voi quello che faccio all’interno. Ne parlo prima con i giocatori che con voi”, ha risposto in merito ai singoli giocatori, e ala fascia di capitano da affidare eventualmente ancora a Dzeko.

Il tecnico portoghese ha voluto dare l’impronta filosofica alla sua missione ‘imperiale’: “Come conseguenza del nostro lavoro possiamo dare qualcosa di più al calcio italiano bene. Io farò di tutto per difendere i miei giocatori e la mia società, non cercherò problemi. Mi voglio divertire e penso ci possiamo divertire tutti. Non ho tempo per cercare altro, ma se devo difendere i miei farò di tutto. Siamo qui”. Su se stesso ha sottolineato di essere “una vittima di come la gente mi guarda. Al Manchester ho vinto tre titoli ed è stato un disastro, al Tottenham non mi hanno fatto fare la finale e per me è un disastro. Quello che per me è un disastro, per gli altri è un successo”. Mourinho è andato avanti chiedendo tempo e pazienza, puntando sulla qualità del lavoro. “Voi parlate sempre di titoli, noi di tempo, progetto e lavoro. Poteva essere una promessa troppo facile, ma la realtà è un’altra roba. I titoli arriveranno, la proprietà vuole arrivare lì e restare lì. È facile vincere e poi magari non avere i soldi per gli stipendi”. Una frecciatina all’Inter alla quale ne è seguita un’altra su Conte. “In questo club si parla di Liedholm e Capello e non sono paragonabili a nessuno. Nell’Inter nessuno può essere paragonato a me o a Herrera. Nessuno”. Altra stilettata. Mou è tornato con il suo stile e la sua abilità comunicativa presentandosi senza facili promesse ma con obiettivi chiari: “Quale? Vincere la prima partita ufficiale. Poi penseremo alla seconda. Questa società e questa squadra devono migliorare ogni giorno. C’è tanto lavoro da fare, Come mi vedo tra tre anni? Festeggiando. Cosa? Qualcosa”. E alle critiche di chi lo definisce arrivato ecco la risposta: “Scudetto con Chelsea, tre coppe con lo United, una finale con il Tottenham. Quello che per me è un disastro magari qualcuno non l’ha mai fatto nella vita”. Bentornato Mou.

LaPresse

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