NAPOLI (Maria Negri) – Nel pieno di una nuova ondata di calore che sconvolge le temperature anche sulle Alpi ritardando le prime nevicate stagionali, Greenpeace Italia e il Comitato Glaciologico Italiano (Cgi) pubblicano il rapporto ‘Giganti in ritirata: gli effetti della crisi climatica sui ghiacciai italiani’, per lanciare un allarme sullo stato di salute di queste importanti sentinelle della crisi climatica. Lo studio dello stato di salute di due fra i più rappresentativi ed esemplificativi ghiacciai italiani, quello dei Forni in Lombardia e quello del Miage in Valle d’Aosta, permette di avere un quadro di come questi giganti di ghiaccio stanno rispondendo alla crisi climatica e di quale è stata la loro evoluzione nel corso dell’ultimo secolo, cioè nel periodo in cui l’innalzamento della temperatura globale ha subito un’ulteriore impennata a causa dell’uso fuori controllo delle fonti fossili. Nel report, che prende in esame due dei più estesi ed emblematici ghiacciai alpini italiani, sono pubblicati nuovi dati e confronti fotografici che mostrano come siano cambiati i due ghiacciai dalla fine dell’Ottocento a oggi.
GHIACCIAIO dei forni
Le misure effettuate sul Ghiacciaio dei Forni hanno permesso di evidenziare una fusione del 15% superiore a quella registrata in media negli anni precedenti, con una perdita di 9 centimetri di spessore al giorno durante l’ondata di calore della seconda metà di agosto, quando lo zero termico è rimasto per più giorni sopra i 5mila metri. Il Ghiacciaio dei Forni viene monitorato da molti anni non solo grazie a misure manuali o al telerilevamento, ma anche grazie a due stazioni meteorologiche automatiche installate sulla sua superficie. Queste stazioni rappresentano un valido supporto per quantificare i tassi di fusione di neve e ghiaccio. Per esempio, i dati meteo e i flussi energetici misurati alla superficie del Ghiacciaio dei Forni hanno permesso di calcolare una perdita di spessore di più di 20 metri in soli 4 anni dal 2006 al 2009 e di quasi 40 metri considerando anche gli anni fino al 2012. E’ interessante sottolineare che durante il periodo 16 agosto-24 agosto 2023 quando lo zero termico è stato per più giorni sopra i 5mila metri sopra al livello del mare sulla maggior parte della catena alpina i tassi di fusione della lingua hanno raggiunto i 9cm/giorno con un incremento del 20% circa.
GHIACCIAIO DEL MIAGE
Anche il Ghiacciaio del Miage, ubicato nel settore mediano della Val Veny,sul suo versante sinistro idrografico, tra il Ghiacciaio del Brouillard (ad Est) e quello della Lex Blanche (ad Ovest) sul versante sud del Massiccio del Monte Bianco, è in forte sofferenza per le temperature sempre più estreme: dal 2008 al 2022 ha perso 100 miliardi di litri di acqua, corrispondenti a 40mila piscine olimpioniche. Nel periodo 2018-2023 solo l’area del lago ha perso 1,1 miliardi di litri di acqua, con oltre un terzo delle perdite complessive registrato nell’ultimo anno. A fronte dell’entità dei ritiri frontali che viene misurata negli ultimi anni per la quasi totalità dei ghiacciai dell’Arco Alpino, il ghiacciaio del Miage presenta una situazione più stazionaria senza grandi variazioni dalla massima espansione del XIX secolo. Va però subito chiarito che sarebbe troppo riduttivo basare la valutazione della salute un apparato glaciale di queste dimensioni sul solo parametro dell’arretramento frontale. Ciò che infatti ne rappresenta realmente lo stato di sofferenza è l’ormai sempre più elevata perdita di massa glaciale che si verifica ad ogni stagione estiva.
L’APPELLO DI GREENPEACE
“I ghiacciai italiani che fondono sempre più rapidamente sono l’ennesima testimonianza che la crisi climatica si sta aggravando, e la riduzione delle loro riserve idriche favorirà nuovi periodi di siccità prolungata che avranno un impatto su tutti noi”, dichiara Federico Spadini, campagna Clima di Greenpeace Italia. “La scienza ci dice che l’uso intensivo di petrolio, gas e carbone sta alimentando la crisi climatica. Continuare a estrarre e bruciare combustibili fossili condannerà non solo i ghiacciai, ma tutto il pianeta e le nostre vite a degli stravolgimenti mai visti. È ora che politica, aziende e media ascoltino l’allarme della comunità scientifica invece di incoraggiare il negazionismo, abbandonando le fonti fossili e promuovendo quelle rinnovabili. La montagna ci sta parlando: a noi non resta che ascoltarla e agire”.