NAPOLI (Gianmaria Roberti) – Più inceneritori per tutti. Secondo Legambiente, la Regione vuole incentivare la realizzazione di tali impianti. La strategia è condensata nella Proposta di Aggiornamento del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Speciali. Un documento approvato il 7 luglio scorso dalla giunta De Luca. Era all’ordine del giorno nella seduta del consiglio regionale del 4 agosto. Per ragioni di tempo, però, non se ne è discusso. Nelle prossime riunioni consiliari, comunque, verrà posto in votazione. Salvo imprevisti, è scontato l’ok in aula. La contrarietà alla scelta è contenuta nelle osservazioni, inviate da Legambiente a febbraio, ma ufficialmente mai pervenute alla Regione. La facoltà di formulare considerazioni – l’ente può accoglierle o respingerle – è prevista dalle norme comunitarie, per gli interessati, nell’ambito della Valutazione ambientale strategica (Vas). Nel caso di Legambiente, tuttavia, le osservazioni, trasmesse via pec, non sono mai giunte a destinazione, per un problema tecnico. E quando il mancato invio è stato notificato, il termine di 60 giorni era già scaduto. Al momento “c’è un carteggio in corso con la Regione – dice Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania -, la quale ha risposto che avrebbe fatto in modo di recepire le osservazioni in fase di attuazione del Piano”. Di impegni vincolanti, però, non sembrano essercene. Restano sul tavolo le forti perplessità ambientaliste, messe nero su bianco. “I dati, le elaborazioni e le analisi – premettono le osservazioni – proposte in particolare nel capitolo ‘6. approfondimenti su particolari categorie di rifiuti: analisi produzione e indicazioni/linee guida per la loro gestione’ costituiscono una straordinaria opportunità per investitori/imprese in quanto oltre a rappresentare un quadro di riferimento puntuale sulla domanda di trattamento per matrice/tipologia di rifiuto evidenziano il potenziale vantaggio competitivo derivante da minori costi di trasporto/movimentazione in comparazione con destinazioni remote fuori regione. A fronte di tale opportunità, vanno tuttavia indagate le cause per le quali non risulta ad oggi adeguatamente colta, considerando tra l’altro il ritorno favorevole anche in termini occupazionali che ne deriverebbe”.
Per Legambiente “individuate le cause vanno adottati nello stesso Prgrs (il Piano regionale, ndr) adeguate disposizioni atte a superare/risolvere gli aspetti ostativi alla ulteriore attivazione di iniziative di soddisfacimento della domanda di trattamento in chiave esclusivamente circolare”. A detta di Legambiente, in pratica, c’è un paradosso. Pur sussistendo un vantaggio competitivo – dovuto al mancato costo di trasporto alla gestione circolare in Campania dei rifiuti speciali – l’imprenditoria locale non si muove, e non si capisce il perché. Altre criticità sono rilevate per l’obiettivo di “Piano D”. Un capitolo, a prima vista, dal titolo promettente: “Favorire il principio di prossimità degli impianti ai luoghi di produzione dei rifiuti nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale”. Beneagurante anche la sua “linea di indirizzo 6”: “Ridurre l’esportazione dei rifiuti nel rispetto del principio di prossimità e dei criteri di sostenibilità ambientale”.
I soggetti coinvolti sono imprese di settore, privati ed associazioni di categoria. Scendendo nel dettaglio, alla “Azione 6.1”, però si trova lo “Stimolo: alla realizzazione da parte di iniziativa privata di impianti di recupero/smaltimento definitivi dei rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti come impianti di trattamento con recupero energetico o di smaltimento al fine di ridurre il ricorso ad impianti extraregionali”. Questo stimolo “sebbene lo si indichi finalizzato alla condivisibile riduzione del ‘..ricorso ad impianti extraregionali…’ – scrive Legambiente Campania – risulta assolutamente incompatibile con i presupposti dell’economia circolare, intesa quale “modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile”. Diversamente, “ai fini della riduzione del ‘..ricorso ad impianti extraregionali…’ – avverte l’associazione ambientalista – è da porre quale fondamento della specifica azione 6.1 la incentivazione spinta ed efficace del conseguimento della gerarchia gestionale prevista in ambito comunitario ovvero: prevenzione; riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; smaltimento”. Allora, “avendo ben chiaro che – riflette Legambiente – il recupero di energia attraverso l’incenerimento costituisce nella scala gerarchica opzione residuale di cui avvalersi solo in esito alla verificata impossibilità di soddisfare il fabbisogno con le tipologie di approcci gerarchicamente prioritari. Pertanto, sussistendo ampissimi margini sia per incrementare la Rd (raccolta differenziata, ndr) dei Ru (rifiuti urbani, ndr) e dunque ridurre considerevolmente il ricorso all’incenerimento presso l’impianto di Acerra sia per attuare prevenzione, riutilizzo e riciclaggio più spinti nel ‘settore privato’ non è ammissibile promuovere e quindi contemplare uno stimolo alla realizzazione di ‘trattamento con recupero energetico o di smaltimento’”. Chiavazzo, tra l’altro, sottolinea che “l’impianto di Acerra (nella foto) ha una notevole capacità di incenerimento, la Campania è ai primi posti a livello nazionale per questo”. E senza dimenticare l’annunciato progetto di una quarta linea, nell’inceneritore gestito da A2A. “Il ricorso dal recupero energetico attraverso incenerimento – si legge nelle osservazioni di Legambiente-, oltre a non dover essere incentivato in alcun modo, va eventualmente ritenuto ammissibile solo laddove il recupero di materia e le altre attività gerarchicamente prioritarie non siano effettivamente possibili e ciò a solo valle di una valutazione tecnica specialistica asseverata e validata da organismo terzo (Ispra)”. Chissà cosa ne pensa De Luca.