MILANO – Non doveva stare in carcere a San Vittore ma in una struttura di cura G.T, il 21enne che il 31 maggio si è tolto la vita in cella al terzo tentativo di suicidio. Come anche l’uomo di 70 anni che il 30 giugno si è ammazzato a Genova-Marassi in stato di fermo come detenuto con disagio psichico: era stato arrestato sotto shock e anche lui aveva già provato a farla finita. Sono due storie – quella del più giovane e del più anziano – sui 59 uomini e donne che si sono tolti la vita dietro le sbarre nei primi 8 mesi del 2022. Più di una morte ogni quattro giorni – fotografa Antigone con il Dossier sui suicidi in carcere – parlando di un fenomeno che mostra segni di “preoccupante accelerazione, fino a raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni”. É già stato superato il totale dei casi del 2021, 57 decessi. A due terzi dell’anno superato il record negativo del 2010 con 45 vittime. Numeri che somigliano a “una mattanza”, sentenzia il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale a poche ore dagli ultimi due episodi: un uomo straniero alla Dozza di Bologna dove aveva fatto ingresso il mese scorso per la revoca di una misura alternativa alla detenzione e un migrante pakistano entrato da poche ore al Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Gradisca d’Isonzo (Gorizia). La Garante dei detenuti del Comune friulano, Giovanna Corbatto, ha dichiarato che “non sappiamo se e quali fantasmi si portasse dietro, se la sua drammatica decisione sia stata pianificata o improvvisata, se avesse patologie. Avendo trascorso solo un’ora al Cpr sarei prudente nel citare le condizioni di vita all’interno come causa o concausa di un gesto così estremo”. “Ogni caso di suicidio – fa sapere Antigone – ha una storia a sé, fatta di personali sofferenze e fragilità, ma quando i numeri iniziano a diventare così alti non si può non guardarli con un’ottica di insieme, come un indicatore di malessere di un sistema che necessita profondi cambiamenti”. Gli indicatori parlano dell’aumento dei sucidi fra le detenute donne nel 2022: 4 morti ma la popolazione carceraria femminile rappresenta ‘solo’ il 4,2% del totale. L’età media delle persone che si sono tolte la vita in carcere è di 37 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni, con 21 casi di suicidi. Seguono i più giovani, con 16 casi di suicidi commessi da ragazzi con età comprese tra i 20 e i 29 anni. Tra gli stranieri, che oggi sono meno di un terzo dei detenuti (17.675 su 55.637), 28 casi e cioè il 47,5% del totale con un tasso di suicidi che è il doppio di quello fra gli italiani. Oltre ai numeri, le storie e i volti: se è più difficile sistematizzare dati sulle condizioni cliniche, detentive e processuali dei singoli, Antigone ha però ricostruito partendo dalla cronaca almeno 12 suicidi sono avvenuti a poche ore dal primo ingresso. In 18 casi le vittime soffrivano di patologie psichiatriche, diagnosticate o in fase di accertamento. Sono “molti – infine – i casi di persone toltesi la vita in carcere ancora in attesa di giudizio”. Una ricognizione che spiegherebbe anche perché i numeri del fenomeno siano concentrati in “istituti di grandi dimensioni e, ad esclusione di Palermo, di Case Circondariali”, scrive Antigone. “Quasi tutti – conclude l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, – soffrono da anni di una situazione cronica di sovraffollamento, che nel caso di Foggia, Regina Coeli e Monza si aggira addirittura intorno al 150% della loro capienza”.
di Francesco Floris