Soddisfazione per la nomina di Gaetano Manfredi, rettore della Federico II, la più antica università laica e statale del mondo, la più grande del Sud, a ministro per l’Università e la Ricerca. Ed un pizzico di orgoglio perché nel riconoscimento delle qualità del nostro rettore, un collega, primus inter pares, che bene ha fatto alla guida del nostro Ateneo, è coinvolta l’intera comunità federiciana. Noi sappiamo che Manfredi ha le capacità di far valere le ragioni di università e ricerca. Davvero, non sia rituale, ci auguriamo che metta al centro dell’azione del governo i saperi, l’alta formazione, la ricerca. Che sono veri fattori strategici di sviluppo, economico, sociale, civile, di democrazia e di legalità. Le dimissioni del ministro Fioramonti, qualunque cosa se ne pensi, hanno avuto la forza di mettere in primo piano questa importanza.
Manfredi si troverà ad affrontare quindi un riconoscimento tangibile della strategicità di università e ricerca, non più cenerentole da mettere agli ultimi posti dell’attenzione. Il miliardo per il galleggiamento, e un sostanziale aumento di Ffo (portarlo allo 0,75% del Pil, come in Spagna: siamo allo 0,45%) e Foe, potrebbero essere obiettivi a breve-medio termine. Per garantire dignità professionale al personale di Università e di Epr, e sufficienti finanziamenti per didattica e ricerca. Altro nostro auspicio è un diverso uso dell’Anvur, che deve essere strumento “tecnico” del ministro, che non può delegare a tale agenzia la gestione di fatto dell’ Università. Agire sui “misteriosi” algoritmi per l’assegnazione di finanziamenti, che attualmente sembrano privilegiare non le effettive necessità, ma premiare chi già più ha, e “punire” chi ha meno. Per un cambio di rotta di 180 gradi. La nuova Agenzia Nazionale per la Ricerca non vada ad intralciarsi con altri organismi esistenti e, soprattutto, ci si adoperi perché questa Agenzia (che ha pro e contro) non sia a esclusiva direzione governativa ma sia un organismo anche dei ricercatori.
Importantissimo e centrale il problema del diritto allo studio: adeguati finanziamenti vanno ottenuti per garantire a tutti i capaci e meritevoli il raggiungimento dei più alti gradi di studi. Ma davvero. Attualmente non è così, di questo ne è ovviamente consapevole il neo-ministro. Ancora: mettere in grado nuove generazioni di studiosi e scienziati di poter dare il loro contributo alla cultura, allo sviluppo del Paese. Manfredi ha mostrato la sua sensibilità, consentendo alla Federico II una “grande” attività di reclutamento di giovani ricercatori. Su questa base dovrebbe lavorare a livello nazionale, aiutando gli Atenei a fare bene. Specialmente quelli in difficoltà, perché in Italia abbiamo bisogno di molti giovani e bravi ricercatori, diffusi in tutti i territori, non di pochi cosiddetti eccellenti concentrati solo in alcune aree. Altri temi (i dottorati, la loro spendibilità, il loro finanziamento; gli avanzamenti di carriera, specie di ricercatori con l’abilitazione nazionale; la questione precariato; l’attenzione estrema nel considerare e valutare università private e telematiche;) il neoministro si troverà a dover affrontare e risolvere.
Infine, un nostro cavallo di battaglia, una nostra “monomania”, la lotta al regionalismo differenziato che cercherebbe di ottenere vantaggi e privilegi per le regioni più ricche. E che gli algoritmi “anvuriani” sembrano di fatto perseguire. Su questo tema fortunatamente la Federico II, con il benestare di Manfredi, si è mossa in maniera chiara e convinta, denunciando simili impostazioni anti-economiche e anticostituzionali, istituendo un Osservatorio permanente. La presenza di Manfredi nel CdM non potrà che aiutare questa battaglia. Insomma, serve un “buon” programma fino al 2023.
di Giuliano Laccetti, professore ordinario della Federico II di Napoli