Casapesenna, in cella braccio destro di Zagaria

Per la Dda avrebbe fatto da tramite tra Ciccio ’e Brezza e i politici capuani e aiutato le sue ditte a ottenere appalti pubblici. Misura aggravata per una visita non autorizzata della moglie e la gestione di un bene

CASAPESENNA – In cella l’imprenditore Domenico Farina (nella foto): il gip, su richiesta della Procura di Napoli, ha disposto nei suoi confronti l’aggravamento della misura cautelare. In primavera gli erano stati concessi i domiciliari, da trascorrere a Vercelli, ma a farglieli revocare, trascinandolo di nuovo in prigione, è stata una relazione dei carabinieri. I militari dell’Arma hanno segnalato al Tribunale una presunta visita non autorizzata della moglie e la gestione di un bene che, seppur libero da vincoli giudiziari, ha insospettito gli inquirenti. Il suo legale, l’avvocato Giuseppe Stellato, a breve presenterà istanza al Riesame per chiedere ai giudici di annullare il provvedimento restrittivo.

Farina, 48enne di San Prisco, era stato arrestato lo scorso febbraio dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta: è uno dei protagonisti dell’inchiesta della Dda tesa a far luce sull’ipotizzato intreccio tra mafia, imprenditori e politici capuani. Il pm Maurizio Giordano gli contesta il concorso esterno al clan dei Casalesi e i reati di turbativa d’asta, corruzione e abuso d’ufficio.

Per la Procura distrettuale si sarebbe intestato fittiziamente le quote societarie delle ditte Andromeda, Prisma Costruzioni e Gusto Latte in realtà di proprietà di Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, uomo d’affari della cosca mafiosa di Casapesenna, con un passato da estorsore e specchiettista in almeno due omicidi ordinati dal gotha del clan. Avrebbe svolto pure funzione di collegamento tra Zagaria, Guido Taglialatela, ex amministratore del comune di Capua, e vari funzionari casertani in modo da evitare che proprio Zagaria avesse “diretta interlocuzione” con politici e dirigenti. Il 48enne avrebbe anche procurato “consistenti somme di denaro in contanti prelevandole dai conti delle ditte e consegnandoli a Zagaria per la successiva trasmissione al clan o per versare tangenti ai funzionari collusi con il clan”. La sua figura, afferma la Procura, è stata fondamentale per consentire alle ditte riconducibile a Ciccio ‘e Brezza di ottenere appalti pubblici.

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