Caso Martina Rossi, la Cassazione rimanda la sentenza. Genitori: “Morte non va in prescrizione”

Slitta al 7 ottobre l'udienza per la morte di Martina Rossi, la ventenne genovese precipitata da un balcone in Spagna nel 2011.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

ROMA – Slitta al 7 ottobre l’udienza per la morte di Martina Rossi, la ventenne genovese precipitata da un balcone in Spagna nel 2011. La sezione feriale della Corte di Cassazione ha deciso di accogliere dunque la richiesta avanzata dagli avvocati difensori dei due imputati, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, condannati in appello-bis a 3 anni per tentata violenza di gruppo.

“Non vedo come questa mossa possa giovare. A mio avviso ha poca utilità pratica”. Stefano Savi, legale della famiglia di Martina Rossi, commenta così a LaPresse la decisione. Secondo i calcoli effettuati dal collegio della sezione feriale, il termine di prescrizione maturerebbe il 16 ottobre prossimo. “Quindi per un giorno saremmo fuori dalla possibilità di farlo con sezione feriale. Per cui hanno fissato la data del 7 ottobre che certamente rientra nei termini della prescrizione”, aggiunge.

“E’ normale che quando si parla della morte di una persona ci possa essere la prescrizione? Molto corta, poi” aveva commentato Franca Murialdo, madre di Martina, davanti alla sede della Corte di Cassazione, ancor prima di sapere del rinvio. “Credo che la morte non si prescriva”, aveva aggiunto la donna che, da dieci anni, cerca giustizia per la figlia. Con lei, il marito Bruno. Che ha dichiarato: “Se sei colpevole bisogna che paghi”, non nascondendo la sua rabbia verso “quelli che trovano i meccanismi della giustizia”.

Era il 3 agosto del 2011 quando la studentessa genovese precipitò dal sesto piano dell’hotel ‘Santa Ana’ a Palma di Maiorca, in Spagna, dove era in vacanza con le amiche. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Martina scivolò cercando di scavalcare il terrazzino della camera d’albergo dei due giovani, per sfuggire a un tentativo di aggressione sessuale. La morte venne frettolosamente archiviata dalle autorità spagnole come suicidio, ma la tenacia dei genitori ha portato a processo i due ragazzi di Castiglion Fibocchi, nell’Aretino.

Il 14 dicembre 2018, il Tribunale di Arezzo condannò in primo grado Vanneschi e Albertoni a 6 anni di reclusione per tentato stupro e morte in conseguenza di altro reato. Il 9 giugno 2020 la Corte d’appello di Firenze li assolse “perché il fatto non sussiste”. La Cassazione il 21 gennaio 2021 annullò la sentenza di assoluzione disponendo un nuovo processo. L’appello bis a Firenze lo scorso 28 aprile si è concluso con la condanna a 3 anni per tentata violenza sessuale di gruppo, dopo che per l’accusa di morte in conseguenza di un altro reato era sopraggiunta la prescrizione. Prescritta anche l’omissione di soccorso.

“I processi non sono partite di pallone”, ha detto ancora Bruno Rossi. “Bisogna arrivare a dire al papà e alla mamma cosa è successo, perché Martina non c’è più e perché loro ci sono. E trionfano ancora”.

Di Giusi Brega

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