Castel Volturno. Pochi soldi e troppi intoppi, il porto ostaggio di Coppola

La concessione dalla Regione alla Mirabella nel 2008, ma la società ha dimostrato di non avere la forza economica per realizzare gli interventi

L'area dove dovrebbe sorgere il porto di Pinetamare (foto dall'archivio di Giovanni Izzo)

CASTELVOLTURNO – La sintesi, brutale, è questa: se ci fossero stati i soldi, cioè se chi ha ottenuto la concessione per realizzare il porto avesse avuto una disponibilità economica concreta, i lavori a quest’ora probabilmente sarebbero già finiti. Ed invece l’opera che avrebbe dovuto dare nuova vita al Litorale è al palo. E il suo futuro? Come canta Tonino Carotone, in questo “mondo difficile” il futuro è assolutamente “incerto”.

Sono tre i protagonisti di questa intricata storia che tiene ‘appesa’ da anni la costa casertana. Chi sono? La Regione, la famiglia Coppola e il Comune. E per provare a raccontarla, per avere un quadro più o meno chiaro di ciò che è ora il progetto porto, bisogna inevitabilmente cominciare dall’inizio.

La giunta della Regione Campania il 19 marzo 2004, con la delibera 466, approvò gli atti di programmazione degli interventi sulla portualità turistica da attuarsi in project financing. E tra le azioni che aveva previsto c’erano anche quelle tese ad adeguare la struttura già esistente in località Pinetamare.

Per scegliere chi avrebbe dovuto occuparsi di questi lavori, imponenti, venne bandita una gara. E l’iter si concluse il 12 febbraio 2008 con la vittoria dell’Ati (associazione temporanea di imprese) Mirabella Spa di Francesco Coppola (nella foto): ottenne l’affidamento in concessione della progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la gestione del porto e delle relative strutture ricettive.

Il 5 aprile 2008 dal notaio Luigi Di Persia, a Napoli, come disposto dal disciplinare di gara, fu costituita la società di progetto per realizzare il porto denominata ‘Marina di Pinetamare’ che, ventitré giorni dopo, presentò la domanda di avvio alla fase di valutazione di impatto ambientale (Via) ottenendo parere favorevole nel 2009.

Il 12 febbraio 2010 il progetto definitivo dell’opera con le prescrizioni della Via venne finalmente approvato: il porto doveva realizzarsi su un’area estesa per un totale di 765mila metri quadrati, di cui 220.079 a terra e 536.421 di specchio acqueo.
Il cantiere venne aperto il 3 luglio 2014, ma la società Marina di Pinetamare entrò nella piena detenzione di tutte le aree oggetto dell’intervento, trasferitegli dal Demanio dello Stato, solo il 18 ottobre 2018. Nei quattro anni trascorsi dall’inizio dei lavori a quando ottenne tutte le zone dove avrebbe dovuto operare, nell’area del futuro porto accade poco o niente (rispetto a quello che c’era e c’è da fare per concretizzarlo). Si registrò qualche accelerata quando ad aiutare Coppola intervennero imprenditori cinesi (era il 2015, notizia che venne ripresa da diversi media locali). Ma, alla fine, non fu prodotto nulla di sostanzioso.

Il rispetto dei tempi previsti, pattuiti tra Regione e Coppola, per dare al litorale domizio il porto promesso stava venendo meno. Cosa successe? La Marina di Pinetamare, facendo leva sul fatto che soltanto negli ultimi mesi del 2018 aveva ottenuto dal Demanio tutte le aree su cui operare, inoltrò alla Regione istanza per il riconoscimento di ulteriori 36 mesi per la conclusione delle opere, senza però che la proroga andasse ad incidere sulla durata di 60 anni della concessione incassata. La giunta della Campania si disse pronta a concedere i tre anni, a condizione che venisse aggiornato il piano economico finanziario (Pef) e la valutazione di impatto ambientale (Via). Anziché seguire quanto chiesto dall’esecutivo regionale, la Marina di Pinetamare presentò ricorso al Tar. La domanda sorge spontanea: era troppo complicato aggiornare Pef e Via? Probabilmente no. Ma serviva tempo e buttarsi in una causa amministrativa avrebbe permesso all’impresa di ottenerlo. Cosa fare del tempo guadagnato? Usarlo per riorganizzarsi e magari impegnarsi anche a trovare i capitali per procedere.
Proseguiamo con il racconto. Il 25 gennaio 2021 il Tar di Napoli (la quinta sezione) accolse il ricorso della società: non era necessario aggiornare la Via per proseguire i lavori. La Regione, però, non accettò la decisione del Tribunale amministrativo e si rivolse al Consiglio di Stato. Come è andata a finire? Ha ‘vinto’ la Regione. Per proseguire con i lavori al porto turistico era necessario che la società aggiornasse la Via (documento abbastanza datato, dato che risale al 2009).

Coppola avrebbe potuto evitare di restare impantanato negli ultimi 4 anni dando seguito a quanto gli era stato chiesto dalla Regione. Ha preferito, invece, impuntarsi e trascinarsi in un complicato scontro giudiziario che ha riportato la Marina di Pinetamare al punto di partenza. Dovrà aggiornare la Via. E per ora il porto resta un sogno nel cassetto. Ma se ci fossero stati i soldi probabilmente Castelvolturno ora avrebbe già il suo porto.

Un progetto da 85 milioni e 57 anni per ‘gestirlo’

Quanto costa costruire il porto? La cifra che leggiamo nell’atto con cui la Regione ha affidato ai Coppola la concessione per realizzarlo (e gestirlo) è di 85 milioni di euro. Dire a quanto sia schizzata adesso, dato che sono trascorsi quasi 15 anni (non tenendo conto di crisi energetica, pandemia e guerra che nel frattempo si sono succedute), è difficile. Con certezza possiamo affermare, però, che per concretizzare quanto previsto nel progetto, gli 85 milioni di euro previsti inizialmente non basteranno.
Ma questi soldi da dove usciranno? L’investimento dei Coppola, stando a quanto leggiamo nella concessione, doveva (dovrebbe – dovrà) essere finanziato in parte da “capitale di rischio del concessionario” (denaro loro) e in parte con “capitale di indebitamento” (prestiti) e ricavi da “cessione, affitti e locazioni del diritto di ormeggio (posto barca) e di parcheggio per i corrispondenti posti auto nell’ambito dei parcheggi dedicati”. A queste potenziali entrate, ad aiutare Coppola a coprire la spesa da affrontare si aggiungono i soldi che incasserà cedendo o dando in locazione, sempre nei limiti alla durata della concessione, “superfici e fabbricati con destinazione terziaria, commerciale e ricettiva, residenza turistico-alberghieri realizzati su aree ed immobili demaniali e comunali”.
Veniamo al tempo. Ma quanto dura la concessione? Sessanta anni: tre erano stati previsti per costruire il porto, decorrenti dalla data del verbale di consegna dei lavori, e i restanti 57 anni per la gestione. Raggiunti i 60 anni tutto quanto messo in piedi dai Coppola dovrebbe tornare nella disponibilità del Demanio. Procedere con lentezza nei lavori, in realtà, alla Marina di Pinetamare non converrebbe. Per quale ragione? Perché “in caso di mancato rispetto del termine per causa imputabile al concessionario – si legge nel documento della Regione – sarà corrisposta una penale di 500 euro per ogni giorno di ritardo”. E ad oggi Coppola (se si accerterà che i ritardi sono tutti da addebitare a sue responsabilità) quanto dovrebbe sborsare?

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