Centrodestra: Cav a Roma, verso riunione dei ministri Lega-Fi mercoledì ma no a resa dei conti

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse in foto Silvio Berlusconi

ROMA – Settimana decisiva, con Silvio Berlusconi che tornerà a Roma per affrontare il dossier più importante: la legge di bilancio. L’arrivo del Cav è atteso tra domani e mercoledì, con la riunione – ancora non fissata- a cui parteciperanno, oltre a Matteo Salvini, anche i sei ministri di Lega e Forza Italia. A Villa Grande, la nuova residenza romana dell’ex premier, faranno ingresso Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia e Erika Stefani in quota Carroccio e Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e Renato Brunetta, i “dissidenti” che hanno avuto il coraggio di contestare la dirigenza del partito, invitando Berlusconi ad abbandonare la linea filoleghista.

Un faccia a faccia – raccontano- lontano dalla resa dei conti, più volte annunciata. Non sarà infatti quella la sede, e nemmeno i commensali, riferiscono, visto che al tavolo siederanno tutti sostenitori di Mario Draghi, con una precisa idea in testa: abbassare le tasse nella prossima manovra. Insomma nessuno degli invitati – men che meno il padrone di casa – ha intenzione di alzare barricate per infastidire o mettere i bastoni tra le ruote al presidente del Consiglio. Primo fra tutti il titolare al Mise che proprio ieri ha definito l’ingresso nell’esecutivo a guida dell’ex capo della Bce “un investimento a lungo termine”. Nessuno ostilità, dunque, ma un segnale chiaro e definito che il centrodestra di governo si muove compatto.

Neanche su quota 100 – riferiscono fonti vicine ai ministri azzurri – ci si aspetta una presa di posizione, anche perché da qui a mercoledì, “tutto sarà risolto, la strada è stata già tracciata” da Draghi. Insomma nessun incontro all’O.K. Corral in Forza Italia dopo lo strappo Gelmini, anche perché per Berlusconi la faccenda non si è mai aperta, figuriamoci se va chiusa. Dal canto loro la ministra per gli Affari regionali, Brunetta e Carfagna, continuano a confermare la linea: nessuna retromarcia, “il partito deve cambiare rotta e noi lo faremo lottando dall’interno”, è il refrain.

Lo spirito con cui affronteranno la riunione, filtra, “è costruttivo”, anche perché “c’è sempre stata una collaborazione positiva tra i partecipanti all’esecutivo del centrodestra, ma ben venga un miglior coordinamento tra FI e Lega al governo”. L’ordine di scuderia resta sostanzialmente lo stesso: non possiamo permetterci il lusso di lasciare Draghi alla sinistra. La visione è quella tutta proiettata sul rafforzamento del partito in chiave governativa, anche perché nessuno dei tre azzurri ha mai messo in discussione Berlusconi, piuttosto il cerchio magico. I ministri cercheranno di far pesare di più l’ala moderata, libera ed europeista.

Secondo voci che circolano nei corridoi dei palazzi della politica, infatti, tutto resterà immutato fino all’elezione del presidente della Repubblica e c’è chi spera nell’incidente per scuotere il partito. Il leader non ha ancora sciolto la riserva, non ha insomma palesato la sua disponibilità, e non potrebbe essere altrimenti, visto che non si tratta di candidarsi, piuttosto di essere ‘indicato’ dalla coalizione. Pertanto ‘l’io ci sto’ difficilmente sarà pronunciato dal Cav, che non andrà oltre “sono in forma” e “ancora utile al paese”.

Rumors parlamentari tuttavia fanno già delle previsioni. Prima di tutto Berlusconi difficilmente si renderà disponibile qualora o Mario Draghi o un Mattarella Bis fossero in campo. Senza contare che per entrambe le due figure, se in gioco, ci si aspetta un quorum altissimo, se non alla prima, al massimo alla seconda votazione. Detto questo il nome di Berlusconi resta – confermano fonti del centrodestra – la carta da giocare, la candidatura di bandiera da sventolare ai grandi elettori.

Per eleggere il Cav sarebbero una cinquantina i voti mancanti e da Arcore ci si aspetta fedeltà e serietà da parte degli alleati, guardati invece con sospetto da chi sui sovranisti non ha alcuna intenzione di puntare. E’ qui che potrebbe consumarsi la rottura e la virata verso quel centro moderato e europeista che i tre ministri invocano, senza spaccare il partito.

Uno scenario sperato, più che predisposto come vera strategia, che potrebbe anche realizzarsi in quella pazza idea di lasciare mister Whatever it takes a palazzo Chigi addirittura fino al 2026. La suggestione che si fa strada ora, mentre ancora non è iniziata la vera giostra della corsa al Colle è infatti mantenere il binomio Mattarella-Draghi fino a esaurimento Pnrr. Ma questa è un’altra storia, e i caminetti della politica sul tema ancora non sono stati accesi.(LaPresse)

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