MILANO – Sarà una sfida tra estremi in Cile quella per la futura presidenza e si giocherà al ballottaggio il 19 dicembre. Da una parte Antonio Kast, estrema destra, che ha difeso l’eredità della dittatura di Augusto Pinochet: “Pinochet voterebbe per me, è evidente”, aveva detto il 55enne, che si è aggiudicato il primo turno di domenica con il 27,91% dei voti. Dall’altra parte c’è Gabriel Boric: ex leader studentesco 35enne, alla guida della coalizione di sinistra ‘Apruebo Dignidad’ che intende rappresentare le istanze del movimento di protesta sociale esploso nel 2019 e che ha portato alla creazione di una Costituente. Lui si è fermato al 25,83%.
Per la prima volta da 16 anni a questa parte sono state delle elezioni senza Sebastian Pinera e senza Michelle Bachelet. Per la prima volta da anni la campagna elettorale si è svolta in uno scenario volatile in cui non era già chiaro chi avesse più chance. Per la prima volta dal ritorno della democrazia nel 1990 a contendersi la guida del Paese non sono i partiti tradizionali di centro-destra e centro-sinistra. Boric era il candidato di una coalizione composta da Frente Amplio e Chile Digno nata all’inizio di quest’anno; e Kast appartiene a un partito che risale al 2019, da lui fondato, il Partido republicano. Entrambi però con i partiti tradizionali dovranno farci i conti per forza di cose per vincere il ballottaggio.
Ago della bilancia potrebbero essere gli elettori di Franco Parisi, arrivato in terza posizione: economista, ha condotto la sua campagna elettorale dagli Stati Uniti, senza mai mettere piede in Cile, e si è aggiudicato il 12,8% dei consensi. Quanto al quarto classificato, il candidato del centro-destra Sebastian Sichel, ha già lasciato intendere che voterà per Kast. Mentre la candidata del centro-sinistra Yasna Provoste, attestatasi all’11,62%, ha detto che non potrebbe mai essere neutrale di fronte allo “spirito fascista che Kast rappresenta”.
La sfida si prefigura estremamente polarizzata. Boric con i suoi 35 anni diventerebbe il presidente più giovane del Cile: promette di innalzare le tasse ai super-ricchi, estendere i servizi sociali, riformare il sistema pensionistico privato, che è una delle eredità della dittatura, e un maggiore impegno per la protezione dell’ambiente. Lui, che guidò le rivolte studentesche per una riforma dell’istruzione e fu poi eletto al Congresso nel 2014, ha invitato i suoi sostenitori a convincere gli indecisi e, senza mai attaccare esplicitamente Kast per nome, ha presentato il secondo turno come una “speranza per sconfiggere la paura”. I numeri dicono però che non è riuscito a far convergere su di sé tutti i voti di chi nel referendum del 25 ottobre 2020 votò ‘apruebo’ per una nuova Costituzione.
Contro di lui, Kast agita lo spettro del comunismo, visto che il Partito comunista fa parte della coalizione che sostiene Boric: l’appuntamento del 19 dicembre sarà una scelta fra “comunismo e libertà”, ha dichiarato Kast nel suo discorso della vittoria. E ha rincarato la dose: “Non vogliamo percorrere lo stesso cammino di Venezuela e Cuba”. Già presentatosi come candidato indipendente nel 2017, quando ottenne solo l’8%, Kast è risalito nei sondaggi cavalcando soprattutto due filoni: in primo luogo presentandosi come fautore di una politica di “ordine e disciplina” dopo le proteste sociali che hanno scosso il Paese dal 2019; e in secondo luogo usando una retorica anti-migranti, visto l’aumento di arrivi soprattutto da Venezuela e Haiti. Fervente cattolico, padre di nove figli, si è anche scagliato contro l’attuale presidente Sebastian Pinera accusandolo di avere tradito l’eredità economica di Pinochet, sotto il quale suo fratello Miguel Kast fu presidente della banca centrale.
Chiunque prenderà le redini del Cile dopo che Pinera lascerà la Moneda a marzo 2022, sarà presidente in un periodo di grandi cambiamenti. Il 18 ottobre, a due anni esatti dallo scoppio della rivolta sociale, la Convenzione costituente eletta a maggio, guidata dall’attivista mapuche Elisa Loncon, ha avviato il dibattito sulla stesura della nuova Costituzione, che dovrà sostituire quella redatta sotto la dittatura, un iter che dovrebbe concludersi proprio nel 2022.
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