Cina, dall’Usa preoccupazione per un visto negato ad una reporter americana

Gli Stati Uniti si dicono "profondamente preoccupati" per il trattamento riservato dalla Cina ai giornalisti, locali e stranieri. Dopo che le autorità cinesi si sono rifiutate di rinnovare il visto alla caporedattrice della sede di Pechino del sito di informazione americano Buzzfeed

Usa allarme Cina
Foto LaPresse

PECHINO (Cina) (LaPresse/AFP) – Cina, dall’Usa preoccupazione per un visto negato ad una reporter americana. Gli Stati Uniti si dicono “profondamente preoccupati” per il trattamento riservato dalla Cina ai giornalisti, locali e stranieri. Dopo che le autorità cinesi si sono rifiutate di rinnovare il visto alla caporedattrice della sede di Pechino del sito di informazione americano Buzzfeed. La reporter, Megha Rajagopalan, di nazionalità americana, in Cina da sei anni, è stata espulsa dal Paese. Dopo che le autorità cinesi hanno deciso di non rinnovarle il visto giornalistico. La giornalista si è occupata a lungo della repressione messa in atto nella regione occidentale dello Xinjiang. Dove si ritiene che centinaia di migliaia di persone appartenenti alla minoranza etnica di religione musulmana degli Uiguri siano imprigionati in campi di internamento.

Le dichiarazioni dell’ambasciata americana sulle vicende della Cina

“Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati. Dal fatto che i giornalisti in Cina continuano a dovere affrontare restrizioni eccessive. Che ostacolano la loro possibilità di svolgere il proprio lavoro”. Ha fatto sapere ad AFP l’ambasciata americana, in merito alla vicenda di Rajagopalan. “I reporter fronteggiano ritardi nei procedimenti per i visti giornalistici. Ma anche restrizioni sui viaggi in determinate zone considerate ‘sensibili’ dalle autorità cinesi. E in alcuni casi violenze per mano delle forze di sicurezza locali”, si legge nel comunicato. Rajagopalan, in una dichiarazione su Twitter, ha sostenuto che le ragioni per il mancato rinnovo del visto da parte del governo restano poco chiare. Ma che sono state definite “di prassi” dalle autorità. Il ministero degli Esteri cinese ha minimizzato la vicenda durante il consueto briefing con la stampa ieri. Dicendo ai giornalisti che “il problema della cancellazione del visto non esiste”.

Le spiegazioni del portavoce del ministero

“Non è come voi, non è mai stata una giornalista che risiede un modo permanente in Cina”, ha detto il portavoce del ministero, Lu Kang, spiegando che Rajagopalan aveva lavorato in Cina con un visto rinnovabile di sei mesi e non con quello annuale, concesso alla maggior parte dei giornalisti inviati nel Paese. L’associazione della stampa estera in Cina in una nota ha detto che Rajagopalan mentre era nel Paese “ha sempre svolto il proprio lavoro secondo i più alti standard giornalistici”, accusando il governo di essersi rifiutato di fornire spiegazioni chiare e trasparenti in merito al mancato rinnovo del visto alla reporter e di averla di fatto espulsa dal Paese.

Rajagopalan viene attaccata e accusata di aver distorto la realtà nei suoi articoli

In un editoriale apparso sul quotidiano nazionalista The Global Times in merito al caso, Rajagopalan viene attaccata e accusata di aver distorto la realtà nei suoi articoli dedicati al trattamento riservato dalle autorità alla minoranze etniche nello Xinjiang. “Alcuni organi di stampa occidentali credono di poter fare quello che vogliono, ma questa cosa senza senso non è accettabile. Gli organismi competenti cinesi non hanno intenzione di farsi da parte e di non reagire in merito al trattamento riservato al Paese dai media occidentali”, scrive poi The Global Times.

Non è la prima volta che viene rifiutato un visto a un giornalista straniero

Non è la prima volta che viene rifiutato un visto a un giornalista straniero. Nel 2012 la reporter di Al-Jazeera Melissa Chan dovette lasciare il paese dopo un mancato prolungamento del permesso di risiedere nel Paese. Nel 2015 alla giornalista francese Ursula Gauthier non vennero rinnovate le credenziali giornalistiche dopo le sue critiche alla politica di Pechino nello Xinjiang e fu costretta ad abbandonare la Cina.

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