Civita non doveva essere arrestato: il Riesame fa chiarezza sull’indagine dello Stadio di Roma

Michele Civita non doveva essere arrestato. È quanto stabilito dal Tribunale del riesame di Roma. Che ha accolto l'istanza presentata dai legali dell'ex assessore Pd, Luca Petrucci e Maurizio Frasacco. Contro l'ordinanza di custodia cautelare con la quale era finito ai domiciliari lo scorso 13 giugno

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

ROMA (LaPresse) – “Civita non doveva essere arrestato”: il Riesame fa chiarezza sull’indagine dello Stadio di Roma. Michele Civita non doveva essere arrestato. È quanto stabilito dal Tribunale del riesame di Roma. Che ha accolto l’istanza presentata dai legali dell’ex assessore Pd, Luca Petrucci e Maurizio Frasacco. Contro l’ordinanza di custodia cautelare con la quale era finito ai domiciliari lo scorso 13 giugno. La misura era già stata modificata nei giorni scorsi dalla gip Maria Paola Tomaselli che aveva sottoposto Civita al solo obbligo di firma. Il consigliere del Lazio è indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma.

Gli avvocati: nella condotta di Civita non c’è nulla di penalmente rilevante

“Siamo assolutamente convinti che nella condotta di Civita non ci sia nulla di penalmente rilevante – sottolineano i legali -. Il Tribunale del riesame, con la sua pronuncia, ha significativamente ridimensionato la portata di un episodio che non ha inciso in alcun modo sulla correttezza istituzionale di Civita”. I giudici si sono espressi anche sulla posizione del vicepresidente del Consiglio regionale, Adriano Palozzi, di Forza Italia. Anche lui accusato di corruzione, che resterà invece agli arresti domiciliari. La differenza tra le posizioni dei due era emersa anche dalla ricostruzione del rapporto che aveva con entrambi che aveva fatto davanti ai pm l’imprenditore Luca Parnasi. Secondo il costruttore, in carcere dal 13 giugno scorso, era ben diverso l’atteggiamento dei due politici arrestati per corruzione.

Ecco quanto emerge dall’indagine

“Nell’ultima campagna – diceva la scorsa settimana Parnasi durante l’interrogatorio durato oltre 11 ore – Palozzi mi chiamava continuamente chiedendomi un contributo e abbiamo concordato il contratto con la Pixie, al fine di giustificare la dazione della somma di denaro”. Parnasi aggiungeva che non aveva “alcun interesse alle funzioni di Palozzi” e che i 25mila euro erogati per la consulenza avevano “il solo scopo di evitare di avere problemi con lui che continuava a richiedermi dette somme”. Diverso il rapporto con il consigliere Pd: “Lo conosco da circa 20 anni ed è una persona che stimo molto. Ha sempre fatto gli interessi dell’amministrazione. La conferenza di servizi era già stata chiusa e già c’erano state le elezioni quando con estremo imbarazzo mi ha chiesto di trovare un lavoro per suo figlio”.

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