Clan dei Casalesi, Sergio Orsi e Capoluongo scarcerati per motivi di salute

Boss, cassieri, killer e colletti bianchi: lungo e variegato l’elenco degli scarcerati negli ultimi due mesi. Per molti il Covid-19 ha avuto un ruolo decisivo, per alcuni ha inciso marginalmente. Ma sono finiti ai domiciliari anche detenuti che sarebbero usciti ugualmente, con o senza emergenza sanitaria. Il risultato non cambia. Fuori ci sono esponenti di primo livello della criminalità organizzata che, ristretti nelle loro comode case, adesso possono comunicare liberamente (o quasi) e, magari, pensare pure a come svignarsela.

Capoluongo ritenuto il cassiere del clan

A far scoppiare il caso scarcerazioni è stato Pasquale Zagaria, fratello del padrino Michele. Ma il boss di Casapesenna non è l’unico Casalese messo fuori. C’è anche Giacomo Capoluongo, 63enne di San Cipriano d’Aversa, assistito dai legali Emilio Martino e Pasquale Davide De marco. Era stato arrestato ad ottobre scorso, con l’accusa di aver gestito la cassa del clan fino al 2017. Per motivi di salute il tribunale di Napoli, che a breve lo giudicherà per associazione mafiosa, gli ha concesso i domiciliari ad Arezzo. A parlare di lui sono stati vari collaboratori di giustizia, come Salvatore Orabona e Nicola Schiavone. Giacomo è il fratello di Maurizio Capoluongo: lui, invece, è ancora in carcere. Sta scontando una condanna definitiva per associazione mafiosa.

Sergio Orsi, il riferimento della cosca per il settore dei rifiuti

Anche Sergio Orsi ha ottenuto i domiciliari per motivi di salute. Il 63enne, ritenuto uno degli imprenditori di riferimento del clan nel settore rifiuti (leggi l’articolo precedente), era stato arrestato a gennaio dalla Squadra Mobile di Caserta. Doveva espiare in prigione un residuo di pena di un anno e pochi mesi. In prima battuta era stato portato nel penitenziario di S. Maria Capua Vetere, ma poco dopo, poiché la struttura non era in grado di garantirgli le dovute cure, venne trasferito a Catanzaro.

Il fratello ucciso dall’ala stragista di Giuseppe Setola

Il suo legale, l’avvocato Carlo De Stavola, aveva chiesto al giudice di Sorveglianza di Napoli di concedergli i domiciliari: l’istanza venne respinta. Poche settimane fa, però, ha presentato reclamo ottenendo per il proprio assistito gli arresti in casa. Sergio Orsi, coinvolto nell’inchiesta Eco4, è il fratello di Michele, ucciso nel 2008 dall’ala stragista guidata da Giuseppe Setola.

Antonio Noviello a casa con una condanna a 30 anni

Restando in tema di Casalesi, ha guadagnato i domiciliari pure Antonio Noviello: sul groppone ha una condanna a 30 anni confermata in Appello. Ma per diventare definitiva dovrà passare al vaglio della Cassazione. Su richiesta del suo legale, l’avvocato Romolo Vignola, il giudice di Sorveglianza di Asti gli ha permesso di tornare nella sua Casal di Principe ritenendo “espiati i reati ostativi” per i quali era in cella. Secondo gli investigatori era stato il braccio destro, a Modena, di Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Sandokan Schiavone.

Verolla, 22 anni per omicidio

A fine marzo è uscito per acciacchi anche Nicola Verolla, 74enne. Gli avvocati Alfonso Baldascino e Mario Griffo avevano convinto i giudici a dargli i domiciliari anche perché, secondo la loro tesi, non aveva più legami con la cosca. Verolla è stato condannato a 22 anni per omicidio.

Adolfo Greco, l’imprenditore di Castellammare in affari con gli Zagaria

Le condizioni di salute non buone hanno fatto aprire le sbarre anche per Adolfo Greco, per gli inquirenti imprenditore vicino alla camorra di Castellammare di Stabia, che non disdegnava, però, neppure di fare affari con gli Zagaria (leggi l’articolo precedente).

I clan napoletani, dai Moccia ai Veneruso ai Birra

L’elenco di chi, almeno per qualche mese, si è lasciato la prigione alle spalle, continua con Concetto Puglisi, 39enne di Catania, Antonio De Luca, ras del clan Rea-Veneruso di Casalnuovo, scarcerato dalla Corte d’Appello di Napoli, Salvatore Perrella, boss del Rione Traiano, e Lucio Vincenzo. Quest’ultimo, presunto esponente del clan Birra di Ercolano, assistito dai legali Giovanni e Antonio Abet, ha incassato l’ergastolo in primo grado per omicidio. Ad aprile ha strappato gli arresti in casa pure Luigi Belardo, 46enne di Orta di Atella. L’ affiliato del clan Moccia, assistito dagli avvocati Ferdinando Letizia ed Anna Tartaglione era stato ammanettato nel 2018.

Fuori anche nomi di spicco di ‘Ndrangheta e Cosa Nostra

Sono 40, invece, gli ‘ndranghesti (tra presunti e accertati) messi ai domiciliari in questo periodo: tra loro Pasquale Lombardo di Brancalone, Domenico Longo, Vincenzo Bagalà, Antonio Romeo, detto il gordo, Antonio Creazzo e Santo Filippone della ‘ndrina di Melicucco. Per motivi di salute è uscito dal carcere di Voghera pure Pino Sansone. E la lista prosegue con Ciccio La Rocca, boss ergastolano, riferimento di Cosa Nostra nel calatino, e Francesco Bonura, 78enne, condannato a 23 anni per partecipazione a Cosa Nostra. Insomma un elenco lungo, una boccata d’ossigeno per le mafie che andava scongiurata. Come? Garantendo la salute dei detenuti. Ma in cella, dove dovevano stare.

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