Clan Stabile, Pancia si pente

L’operaio Pettirosso fu sequestrato e rilasciato dietro pagamento di 40mila euro

NAPOLI – Mala di Chiaiano, si pente Emanuele Pancia. Il 39enne di Marianella ha deciso di iniziare a collaborare all’inizio di giugno. “Dottoressa – le sue prime parole al pm antimafia Maria Sepe – io sto qua dentro per una rapina, ma io non ho fatto rapine. Ho fatto tutt’altro”. Il riferimento è ai suoi rapporti con gli Stabile, attivi a Chiaiano, e ai legami del clan con gli ‘scissionisti’ degli Amato-Pagano. In mezzo, il sequestro Pettirosso, per il quale sono in corso due processi, tra abbreviato e dibattimento, con 15 persone imputate. “Voglio rendere dichiarazioni ma sono terrorizzato per la mia famiglia” ha sottolineato nel suo primo verbale (come gli altri quattro tutti ricchi di ‘omissis’) chiedendo che la sua compagna non venisse separata dal loro figlio. Preoccupazione anche per la sua situazione, in quanto nel carcere dove era detenuto c’erano diverse persone del suo quartiere. La vicenda di Salvatore Pettirosso risale a febbraio del 2020 tra Marianella, Chiaiano e Scampia: vittima un operaio ritenuto lontano dagli ambienti criminali. preso di mira probabilmente per la disponibilità di denaro della famiglia. Nel rincasare fu dapprima accerchiato da una decina di persone giunte a bordo di motocicli e successivamente prelevato con la forza sotto la minaccia di armi e infine legato e segregato per un paio d’ore in un garage di Scampia fino al pagamento del riscatto di 40mila euro, a fronte dei 50mila inizialmente richiesti. “Io ero presente quando il ragazzo è stato sequestrato, in quanto mi trovavo per caso sotto al negozio di abbigliamento. C’erano anche i sequestratori che poi hanno operato il delitto. Il padre del ragazzo presta i soldi con gli interessi. Io sapevo che il prezzo del riscatto era di 50mila euro, ma erano stati pagati solo 38mila. (Omissis) diceva che chi presta i soldi a Chiaiano deve pagare a lui”. Secondo Pancia quando venne organizzato il sequestro Pettirosso gli Stabile e gli Amato-Pagano erano pienamente alleati. “Quando stavo fuori al negozio noi eravamo passati con i motorini e Nunzio Pecorelli (imputato in abbreviato, ndr) vide il ragazzo e si affiancò, ‘cioccolato’ gli riferì che lui era il figlio di ‘manella’ dal quale dovevamo farci dare i soldi per i motivi di cui le ho detto. Devo precisare che nella riunione presso la masseria del fruttivendolo si decise che bisognava fermare tutti quelli che prestavano i soldi ad interesse al fine di farci dare una provvigione. Quindi quel giorno in occasione del giro che dovevamo fare insieme tra Marianella e Chiaiano, dovevamo anche trovare ‘manella’ e fargli una richiesta di denaro, passando fuori al Revolution vedemmo questo ragazzo che io non sapevo essere il figlio di ‘manella’, ma che Pecorelli e Ronga indicarono a ‘cioccolato’”.

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