Colpo al tesoro degli Schiavone: arrestati Ivanhoe e Corvino. Smascherata la gestione occulta di due terreni della famiglia ‘Sandokan’

1948
Ivanhoe Schiavone e Pasquale Corvino

CASAL DI PRINCIPE – Il tesoro c’è, non è una chimera. Decenni di mafia, trascorsi a commissionare omicidi, a estorcere denaro agli
imprenditori, a infiltrare la politica con propri uomini, a inserire ditte ‘amiche’ negli appalti pubblici e nei settori strategici dell’economia
locale, hanno fruttato alla famiglia Schiavone milioni su milioni. Soldi serviti – e che ancora servono – a tenere in piedi ciò che resta del
clan dei Casalesi. Denaro reinvestito in aziende, imprese edili, attività commerciali e terreni. Individuare i beni figli di questo denaro macchiato di sangue e terrore è, probabilmente, l’attività investigativa più complessa da svolgere. Perché significa scovare quel filo sottilissimo, quasi impercettibile per via del tempo trascorso, che lega chi oggi risulta formalmente titolare di quei beni alla loro origine mafiosa (il “lievito madre”, come lo ha definito Giuseppina Nappa, ex moglie di Francesco Sandokan Schiavone).

Un lavoro difficile, ma necessario per colpire in modo serio e deciso la criminalità organizzata. Ed è proprio seguendo questa linea che ieri è
stato assestato un durissimo colpo alla cosca Schiavone. I carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno scoperto una porzione di quel tesoro rimasto finora sommerso. Si tratta di due appezzamenti di terreno per un totale di oltre 13 ettari, situati in località Selvalunga, a pochi metri da un’area che lo Stato, nel 2012, aveva già confiscato al capoclan Schiavone e affidato al Comune di Grazzanise. Accendendo i riflettori su questa zona, i militari hanno fatto emergere presunte condotte di riciclaggio, autoriciclaggio ed estorsione.

Gli elementi raccolti hanno portato, ieri, all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal giudice Fabrizio Finamore del Tribunale di Napoli, nei confronti di due persone: Ivanhoe Schiavone, 37 anni, unico dei figli maschi di Sandokan che era ancora in libertà, e Pasquale Corvino, 55 anni, originario di Casale, ma da tempo residente a Formia. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori,
Francesco Schiavone acquistò i terreni – situati vicino all’aeroporto militare di Grazzanise, dove già aveva la sua ‘fattoria’ – da Romolo Corvino. Ma per schermare la proprietà, il boss decise di lasciarla formalmente in capo al venditore. Quando, nel 2004, Ro- molo Corvino morì, il terreno passò agli eredi.

In realtà, spiegano gli inquirenti, a gestire la proprietà sarebbe stato Pasquale Corvino (uno dei figli di Romolo). Dal 2012 al 2020 la diede in
affitto a un imprenditore agricolo, oggi 54enne, per 3mila euro l’anno. Il contratto, però, fu risolto con l’intervento di Ivanhoe Schiavone. Quei beni dovevano essere affidati ad altri. Il figlio del boss e Corvino, infatti, dice l’accusa, decisero di affittare una parte dell’area – da aprile a dicembre 2020 – alla società ‘L’Aurora Società Agricola’, rappresentata da Enricomaria Natale, attuale assessore comunale e figlio dell’imprenditore Mario Natale (entrambi estranei all’inchiesta). Un’altra parte, invece, fu data in affitto a Marco Natale (anche
lui estraneo all’indagine), nipote di Mario. Nel 2021 affittare quei terreni non bastava più. Serviva monetizzare. Fare cassa. Così, il 31
marzo 2021, Ivanhoe Schiavone e Pasquale Corvino li cedettero alla società ‘San Luca di Camillo Natale’. Quest’ultimo la amministrò dal
28 gennaio 2021 a marzo 2022.

Poi, al timone della società è passato Mario Natale, che ha anche cambiato il nome dell’azienda in ‘San Luca di Natale Mario’. Camillo e Marco Natale che abbiamo citato, va precisato, risultano estranei all’indagine. La vendita fruttò 315mila euro, anche se – secondo la Dda – il valore reale si aggirava intorno al mezzo milione. Una parte della somma, sostiene la Procura di Napoli, sarebbe stata consegnata da Corvino
a Ivanhoe. E cosi parte dell’investimento fatto da Sandokan negli anni Novanta sarebbe rientrato nelle mani della famiglia Schiavone.
Le tappe di questa vicenda descritte fin qui, secondo gli inquirenti, rap- presentano le condotte di riciclaggio e autoriciclaggio contestate ai due arrestati.

Ma c’è dell’altro. Sarebbero anche responsabili di un’estorsione ai danni dell’imprenditore agricolo che, inizialmente, aveva i terreni in affitto: Corvino e Schiavone, dice la Dda, lo avrebbero costretto a recedere anticipatamente dal contratto e a rinunciare al diritto di prelazione sull’acquisto. I destinatari del provvedimento cautelare sono da considerarsi innocenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna. Il gip Finamore, oltre a emettere l’ordinanza cautelare in carcere per Schiavone e Corvino, ha disposto il sequestro preventivo dei due terreni
situati a Grazzanise ritenuti di proprietà del boss Sandokan.

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